MAFIA NIGERIANA - DIA 1° SEM. 2018

La  criminalità  nigeriana,  al  pari  di  quella  albanese,  si  conferma fra  le  più attive  nel  traffico  di  sostanze  stupefacenti e  nello  sfruttamento  della  prostituzione,  reato  che  spesso  vede  alla  sua  base  delitti  altrettanto  gravi  come  il favoreggiamento  dell'immigrazione  clandestina,  la  tratta  di  esseri  umani  e  la  riduzione  in  schiavitù. Le  conoscenze  e  l'esperienza  maturate  dagli  Uffici  investigativi  del  nostro  Paese  consentono  di  tracciare  un evoluzione,  nel  tempo,  di  tale  forma  di  criminalità. Storicamente,  la  presenza  di  comunità  nigeriane  va  fatta  risalire,  fin  dagli  anni  '80,  specialmente  nel  nord  Italia, in  Piemonte,  con  Torino  in  testa,  in  Lombardia,  in  Veneto  e  Emilia  Romagna.  In  concomitanza,  anche  le  prime espressioni  criminali  sono  riconducibili  allo  stesso  periodo,  quando  vennero  intercettati  i  primi  "corrieri"  di droga:  in  Italia,  il  primo  arresto  di  un  nigeriano  narcotrafficante  risale  al  1987. L'operatività  di  gruppi  organizzati  si  è  poi  estesa,  nei  primi  anni  '90,  anche  al  centro-sud,  specialmente  in  Campania,  nel  casertano  e  sul  litorale  domitio. Spesso  irregolari,  i  cittadini  nigeriani  sono  oggi  stanziati  su  tutto  il territorio  nazionale  dal  nord  fino  al  sud,  con una  presenza  importante  anche  nelle  isole  maggiori,  in  particolare  a  Palermo  e  Cagliari. Nel  corso  degli  anni,  le  organizzazioni  criminali  nigeriane  si  sono  sempre  più  integrate  nel  tessuto  criminale  del territorio  di  insediamento,  specializzandosi  in vari  settori  criminali  ed  assumendo,  talvolta,  modalità  operative tipicamente  mafiose. Nel  nostro  Paese,  infatti,  emergono,  per  il  numero  dei  componenti,  le  cellule  italiane  delle  strutture  nigeriane denominate  The  Black  Axe  Confraternity  e The  Supreme  Eiye  Confraternity  (SEC),  ramificate  a  livello  internazionale e  caratterizzate  da  una  forte  componente  esoterica.  Vengono,  infatti,  utilizzati  riti  di  iniziazione  chiamati  ju-ju, molto  simili  al  voodoo  e  alla  macumba,  propri  della  cultura  yoruba,  immancabilmente  presenti  in  Nigeria,  nella fase  del  reclutamento  delle  vittime.  Tali  riti  diventano,  poi,  funzionali  alla  "fidelizzazione"  delle  connazionali, che  una  volta  giunte  in  Italia  vengono  destinate  alla  prostituzione. Tra  le  citate  strutture  quella  dei  The  Black  Axe,  nata  negli  anni  '70  dello  scorso  secolo,  si  è  sviluppata  nel  tempo fino  ad  occuparsi,  anche  nel  nostro  Paese,  del  traffico  di  droga  e  della  gestione  del  meretricio.  Una  importante conferma  della  pericolosità  delle  compagini  criminali  nigeriane  -caratterizzate  da  una radicale  struttura  verticistica  -è  stata  data  con  la  nota  operazione  della  Polizia  di  Stato  di  Palermo  del  2016,  denominata  appunto  "Black Axe".  L'indagine  ha  colpito  proprio  una cellula  italiana  della  struttura criminale  africana  "Black  Axe  Confraternity",  con  sede  in  Nigeria,  il  cui  head  zone  (capo  della  dimensione  nazionale  dell'organizzazione)  aveva  un forum  (base  operativa)  a  Palermo,  nel  popolare  quartiere  di  Ballarò,  territorio  controllato  in  maniera  capillare  da cosa  nostra.  Agli  imputati,  come  si  legge  nel  provvedimento  cautelare,  è  stato  contestato  di  aver  promosso, diretto  e  organizzato  le  relative  illecite  attività  ...  e per  essersi  avvalsi  della  forza  di  intimidazione  del  vincolo  associativo e  della  condizione  di  assoggettamento  e omertà  che  ne  deriva,  per  commettere  delitti  contro  la  vita,  l'incolumità  individuale, la  libertà  personale,  il  patrimonio,  per  acquisire  in  modo  diretto  e  indiretto  la  gestione  o,  comunque,  il  controllo  di  attività economiche,  per  realizzare  profitti  e vantaggi  ingiusti  per  sé  ed  altri,  riconoscendone  così  gli  elementi  costitutivi propri  dell' associazione  mafiosa,  come  evidenziato  e  richiesto  dalla  pubblica  accusa,  nel  maggio  2018,  durante il  processo  di  primo  grado. È  evidente,  quindi,  come  la  tratta  degli  esseri  umani  finalizzata  alla  prostituzione  - spesso  connessa  alla  contraffazione  di  documenti,  strumentale  all'ingresso  e  al  soggiorno  illegale  sul  territorio  nazionale  - costituisca  un'importante  fonte  di  guadagno  e  di  finanziamento  per  la  criminalità  nigeriana.  Si  può,  ormai,  parlare  di  una collaudata  metodologia  che  interessa  l'intera  filiera  connessa  allo  sfruttamento  della  prostituzione,  anche  minorile,  tendenzialmente  gestita,  nei  diversi  contesti  territoriali,  cercando  di  evitare  qualsiasi  tipo  di  conflittualità con  la  criminalità  locale,  specie  quella  mafiosa. Continua,  di  contro,  ad  essere  frequente  il  ricorso  a  minacce  e  violenze  per  l'assoggettamento  delle  vittime  dello sfruttamento,  con  un  analogo  trattamento  spesso  esteso  anche  ai  familiari  in  Nigeria,  ove  risultano  presenti  referenti  delle  organizzazioni.  In  tale  contesto,  è  oramai  da  anni  assodato  anche  il  ruolo  rivestito,  nell'ambito  delle  organizzazioni  criminali, dalle  donne  nigeriane,  le  cd.  maman,  spesso  al  vertice  dei  sodalizi. Anche  in  quest'ambito  è  risultata  di  particolare  rilievo  l'azione  di  contrasto  condotta,  nel  semestre,  dalle  Forze di  Polizia,  che  hanno  puntualmente  riscontrato  modalità  operative  che  si  ripetono  costantemente.
Ne  è  un  esempio  l'operazione  "Trafficking  della  Polizia  di  Stato  con  l'esecuzione  a  Palermo,  nel  mese  di  marzo, di  un  decreto  di  fermo  di  indiziato  di  delitto  nei  confronti  di  4  cittadini  nigeriani,  tra  cui  2  maman.  Le  indagini hanno  consentito  di  far  luce  su  un  sistema  di  sfruttamento  di  giovani  donne  straniere  giunte  nel  nostro  Paese, schiavizzate  in  case  di  prostituzione  ubicate  nel  quartiere  Ballarò  di  Palermo  ed  a  Trapani. Ancora,  a  titolo  esemplificativo  delle  modalità  operative  adottate,  si  segnala  l'operazione  "Mommy",  conclusa nel  mese  di  maggio  dalla  Polizia  di Stato  di  Napoli  con l'esecuzione  di  un'ordinanza  di  custodia  cautelare  nei confronti  di  un'organizzazione  composta  da 5  cittadini  nigeriani  ed  un napoletano,  accusati  di  associazione  per delinquere  finalizzata  allo  sfruttamento  della  prostituzione,  anche  minorile,  al  favoreggiamento  ali' ingresso  clandestino  di  cittadini  stranieri,  nonché  alla  riduzione  in  schiavitù,  con  l'aggravante  della  transnazionalità.  Le  indagini,  coordinate  dalla  DDA  di  Napoli,  sono  state  avviate  nell'aprile  del  2016  in  seguito  a  una  denuncia  sporta da  una  minorenne  nigeriana,  la  quale  aveva  raccontato,  agli  inquirenti,  di  essere  arrivata  in Italia  a  bordo  di  un barcone,  insieme  ad  altri  140  connazionali,  transitando  per la  Libia.  Arrivata  sulle  coste  siciliane,  era  stata  prelevata  e  accompagnata,  con una sua arnica,  a  Giugliano  (NA),  dove  entrambe erano state  consegnate  a  una madame e  costrette  a  prostituirsi  per  pagare  un  debito  di  30  mila  euro,  per  riscattare  la  propria  libertà.  Anche  in  questo caso,  la  vittima  ha  raccontato  come,  prima  di  lasciare  il  suo  villaggio  a  Benin  City,  fosse  stata  sottoposta  al  rito JU-JU.  Come  accennato,  tali  forme  rituali  sono  state  riscontrate  anche  nel  nord  del  Paese. L'operazione  "Voodoo  Girls",  infatti,  conclusa  nel  mese  di  aprile  dalla  Polizia  di  Stato  di  Cuneo  con  l'arresto  sei cittadini  nigeriani  (4  donne  e  2  uomini),  ha  disarticolato  un  sodalizio  di  donne  nigeriane,  residenti  a  Torino,  impegnate nel  reclutamento  di connazionali  più  giovani,  direttamente  nei  villaggi  rurali  della  Nigeria,  esercitando su  di  loro,  mediante  riti  voodoo,  poteri  corrispondenti  a  quelli  del  diritto  di  proprietà.  In  questo  modo  venivano mantenute  in  uno  stato  di  soggezione  continua,  costringendole  a  prestazioni  sessuali  con  clienti  occasionali. Con riferimento  al  traffico  di  stupefacenti  diverse  attività  investigative  hanno,  nel  tempo,  dimostrato  la  capacità operativa  conseguita  da  gruppi  criminali  nigeriani  nella  gestione  del  trasferimento  di  droga  dai  Paesi  di  produzione,  o  di  transito,  verso  l'Europa.  Un flusso  realizzato  secondo  direttrici  consolidate,  che  percorrono  la  via  marittima,  terrestre  o  aerea.  In  quest'ultimo  caso,  viene  adottato  il  collaudato  metodo  dei corrieri" ovulatori",  anche di  altre  nazionalità,  diversificando  di  volta  in  volta  le  rotte  di  ingresso.  All'arrivo  della  droga  si  registrano,  poi, sinergie  con  altri  gruppi  etnici,  per  lo  sviluppo  delle  ulteriori  fasi  del  traffico. Di  rilievo,  a  titolo  esemplificativo,  la  sistematica  attività  di  spaccio  di eroina  e  marijuana  effettuata,  nella provincia di  Macerata,  da  3  nigeriani,  ritenuti  anche  esecutori  materiali  dell'efferato  delitto  di  una  diciottenne  romana, il  cui  cadavere  fu  ritrovato,  dissezionato,  in  due  valigie  abbandonate.

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