RIFORMA DEL PROCESSO PENALE: Il “DOPPIO BINARIO” VA SEMPRE TUTELATO E PROMOSSO PER TENERE ALTO IL LIVELLO DELLA LOTTA ALLE MAFIE di Giuseppe Lumia

 



La riforma del processo penale ha avuto un percorso molto controverso: ha lacerato ancora una volta la politica e la società e solo alla fine si è ricomposta una vasta maggioranza, sui cui il Governo Draghi ha sigillato un accordo con uno stringente voto di fiducia. 


Per capire meglio, al di là dei tecnicismi, andiamo alla radice delle divisioni. 


Bisogna riconoscere che ci sono due domande vere, seppure in parte confliggenti, che attraversano tutti i settori istituzionali e degli studiosi, compresa la stessa società italiana: più garanzie e più rigore. 


Dare una risposta equilibrata ad entrambe queste domande non è per niente semplice, con una politica spesso tesa a strumentalizzare e a giocarci sopra per diversi e spesso poco nobili fini. 


Eppure, liberate entrambe le domande dagli eccessi (garantismi e giustizialismi), queste istanze vanno fatte proprie dal travagliato percorso di riforma della giustizia. 


PIÙ GARANZIE: non bisogna avere paura di questa domanda, è sicuramente un’esigenza reale e costituzionalmente valida. Soprattutto nell’attuale tempo storico in cui regna l’“IO” autoreferenziale e cinico, comunicativo e spettacolare, che si è purtroppo ampiamente incuneato anche nei gangli del sistema democratico e giudiziario, c’è un bisogno vitale di migliorare i percorsi di garanzia del cittadino. Naturalmente, la richiesta di maggiori garanzie va liberata dall’uso che “menti raffinatissime” ne fanno per garantirsi impunità e privilegi e così coltivare collusioni e poteri deviati e non trasparenti ai vari livelli. 


PIÙ RIGORE: altroché! Anche questa domanda poggia le sue basi sulla realtà che abbiamo imparato a conoscere in anni e anni di dominio di mafie, terrorismo e corruzione e di altri gravissimi reati, che impongono una matura capacità democratica di saper rispondere con tutta la severità costituzionalmente possibile. Anche questa domanda va pertanto raccolta e strutturata nelle regole fondamentali dell’intero ordinamento giudiziario, oltre che nel delicato processo penale. 


C’è una soluzione praticabile per tenere insieme le due domande? Sì, è il sistema del “Doppio Binario”. Lo pensò inizialmente lo stesso Giovanni Falcone, ma non dimentichiamoci che subì per questo attacchi e critiche roventi, non solo in buona fede: spesso furono artatamente messe in campo appunto dalle “menti raffinatissime” che provarono in tutti i modi a “mascariarlo”, delegittimarlo e isolarlo. 


Con un “doppio binario” ben fatto si può ottenere il risultato di avere al tempo più garanzie e più rigore, senza naturalmente trascurare la necessità non più rinviabile di avere realmente un maggior numero di magistrati in servizio, che siano sempre più autonomi e indipendenti, così anche un cospicuo numero di personale amministrativo e una moderna gestione organizzativa e logisticamente molto più avanzata.


Il “doppio binario”, nella lotta alle mafie, è più che mai indispensabile. 


Soffermiamoci su un esempio drammaticamente esplicativo: il boss Bagarella, di recente, alla veneranda età di 79 anni, ha colpito con un pugno in faccia l’agente della polizia penitenziaria che lo accompagnava. 


Molti si sono chiesti perché con il boss non si è reagito, certamente nei modi consentiti, mentre se fosse stato un detenuto comune chissà a cosa sarebbe andato incontro! D’altronde abbiamo assistito di recente alle violenze inaudite, e da condannare senza giustificazioni, contro i detenuti comuni, mentre con i boss mafiosi sappiamo bene che questo pericolo non c’è, perché nei loro confronti si va sempre con i guanti di velluto. La risposta è semplice e amara: perché il detenuto Bagarella di turno non è un boss isolato, ma anche dentro le carceri è il rappresentante di un mondo, quello potentissimo della mafia. 


Rompere quel vincolo associativo è allora la priorità di uno Stato democratico, per evitare di soccombere e garantire così la libertà a tutti i cittadini e la piena tutela dei diritti anche ai detenuti. Con questa finalità si rende comprensibile e inevitabile ad esempio il 41-bis e l’ergastolo cosiddetto ostativo.


Ecco perché è necessario il rigore previsto dal “doppio binario”. 


Alla fine, con molti limiti e con molta fatica, la riforma del processo penale è giunta a questa stessa conclusione: il “doppio binario” è stato inserito per mettere in sicurezza i complessi processi di mafia. 


Il “doppio binario” è tuttora scolpito nel Codice Antimafia, a cui ho lavorato in Parlamento per anni e anni. Non è il momento di arretrare, semmai va sempre migliorato e rilanciato. 


Non è per niente semplice, visto che le “menti raffinatissime” hanno compreso che il gioco attuale del mascariamento, della delegittimazione, dell’isolamento funziona sempre. 


Ma non c’è altra strada per evitare che le mafie prendano il sopravvento, in una fase storica delicata e decisiva per utilizzare al meglio le risorse del Recovery Fund previste dal PNRR e al tempo stesso riprogettare lo sviluppo in chiave sostenibile socialmente e ambientalmente e ripensare l’Europa finalmente in direzione degli Stati Uniti d’Europa.

Commenti

  1. Nienye pwne alternative......Non sono convinto ed è ampiamente dimostrato di pentimenti e/o ripensamenti da parte di delinque....Comunque una cosa deve essere Ferma e Certa: processi certi e veloci senza scappatoie.

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