FOCUS OMCOM SU PAVIA







FOCUS OMCOM SU PAVIA


A cura di Salvatore Calleri 


CENNI GEOGRAFICI


La provincia di Pavia confina a nord con la città metropolitana di Milano, a est con la provincia di Lodi e con l'exclave di San Colombano al Lambro (Città metropolitana di Milano), a est e sud-est con l'Emilia-Romagna (provincia di Piacenza), a sud-ovest, a ovest e nord-ovest con il Piemonte (province di Alessandria, Vercelli e Novara).

La provincia di Pavia si trova quindi in un punto strategico che tocca tre regioni molto importanti da un punto di vista socio economico. Ha una superficie pari a 2.968,64 km² e un numero di abitanti al 2023 pari a 535 019.

Il capoluogo è il comune Pavia che ha una superficie pari a 62,86 km² e un numero di abitanti al 2023 pari a 70 734.

Fonte: Wikipedia 


ECONOMIA


Pavia è una città ricca che nel 2022 con 27.842,4 euro pro capite. si è posizionata in cima alla classifica del reddito delle citta lombarde e italiane. Alcuni comuni in provincia fanno ancora meglio come Torre d'Isola con 36.690 euro pro capite.

Fonte: Il Giorno economia


Le piccole e medie imprese rappresentano l'80 per cento della imprenditoria pavese. Imprenditoria vivace che spazia dell'agroalimentare alla meccanica, dal calzaturiero alla chimica.

La zona della Lomellina poi si distingue per l'eccellenza del riso italiano.

Fonte: Invest in Lombardy


SITUAZIONE RELATIVA AD INFILTRAZIONI CRIMINALI 


La provincia di Pavia è indubbiamente una zona ricca che purtroppo come tutte le zone ricche attira la criminalità mafiosa e non. Le attività criminali riguardano numerosi settori e non vanno sottovalutate in alcun modo. 

Di seguito le principali operazioni delle forze dell'ordine.


8 gennaio 2014


Il processo collegato all'operazione infinito aveva già fatto vedere che in alcune situazioni veniva chiesto il pizzo dalla 'ndrangheta a Pavia. Situazione confermata da una operazione avvenuta l'8 gennaio 2014 con 10 arresti.


14 ottobre 2016


36 arresti per traffico di shaboo gestiti da criminali cinesi. 

L'operazione condotta dai carabinieri si è svolta tra le Province di Milano, Monza e Brianza, Cagliari, Cremona, Como, Parma, Pavia, Prato, Rovigo, Treviso ed all'estero in Austria, Polonia, Romania e Spagna.


29 settembre 2017

Truffa all’Asm di Pavia, buco da 1,8 milioni e sottratti in 9 anni circa 18 milioni.


3 ottobre 2018


(ANSA) - MILANO, 3 OTT - Il paravento dei narcos italiani si chiamava "Tierra nuestra latina", una società con sede a Barcellona e coltivazioni di ananas in Costa Rica. Da lì partivano i container pieni di frutta freschissima che rifornivano i mercati di Livorno e Milano ma una volta ogni tre mesi tra i bancali veniva inserita la partita di cocaina colombiana. È uno dei passaggi chiave dell'indagine "Miracolo" che ieri si è conclusa con l'esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 29 persone tra Milano, Pavia e Barcellona. Sono stati ricostruiti dalle intercettazioni due carichi da oltre 100 chili il 10 ottobre e il 7 dicembre 2017, mentre altri due sono stati seguiti in diretta: 101 chili il 27 marzo 2018 e 114 il giorno successivo. Questi ultimi due, sequestrati dagli agenti della Squadra mobile di Milano a Livorno, sul mercato al dettaglio avrebbero fruttato quasi 25 milioni di euro... (omissis)


22 novembre 2018


NARCOS IN EUROPA - GDF - Operazione BOCA - 56 arresti e 130 chilogrammi di cocaina sequestrati


Nella giornata odierna, gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Brescia, stanno eseguendo 32 provvedimenti di custodia cautelare in carcere, emessi dal Tribunale di Brescia, nei confronti dei componenti di tre organizzazioni criminali transnazionali operanti in Europa, di matrice albanese, dedite al traffico internazionale di cocaina.


Le operazioni - dirette dalla Procura Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Brescia e svolte con il costante ausilio tecnico del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza e della Direzione Centrale Servizi Antidroga del Ministero dell’Interno - coinvolgono, a supporto, anche le Polizie estere di Belgio, Germania, Grecia e Albania.


Le indagini hanno consentito di ricostruire e smantellare tre sodalizi criminali che importavano sul territorio nazionale, grazie a ramificazioni estere, rilevanti quantitativi di cocaina proveniente dal nord Europa.


Le varie partite di stupefacente viaggiavano su una vera propria “rotta europea della droga” tracciata dai trafficanti: dall’Olanda, alla Germania, all’Italia. Le organizzazioni disponevano di una concessionaria d’auto e, dunque, di una “flotta tecnologica di mezzi” composta da decine di autovetture, sottoposte a sequestro dalle Fiamme Gialle.


Tutte auto di grossa cilindrata, con doppi fondi ad “alta ingegneria”.


Davvero ingegnosi i meccanismi: in un caso l’inserimento contestuale della retromarcia, la chiusura dell’aria condizionata e l’accensione del mezzo, facevano scattare l’apertura del vano nascosto. In altri casi, l’abbassamento delle alette parasole, in contemporanea con la messa in folle, liberavano il doppio fondo.


La scoperta di tali “marchingegni” ha consentito di trarre in arresto in flagranza di reato ulteriori 24 persone - oltre alle 32 oggetto dell’odierna ordinanza - e di sequestrare 130 chilogrammi di cocaina, oltre a diverse armi da fuoco, beni mobili e immobili per oltre 1 milione di euro, nonché la citata concessionaria d’auto.


I vari sequestri di droga, anche di 30 chilogrammi in una sola occasione, sono stati operati nelle province di Brescia, Bergamo, Lucca, Pavia, Macerata, Monza, Modena, oltre che in Olanda, nei pressi dell’aeroporto di Amsterdam.


Significativa l’intensità investigativa degli uomini del Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata - Gruppo Operativo Antidroga di Brescia della G. di F.: i 130 kg di droga sono stati sequestrati con una serie di fitti interventi repressivi posti in essere in quasi un anno di indagini, con una cadenza media di circa due sequestri al mese.


La pericolosità del sodalizio criminale trova piena conferma, oltre che nella disponibilità di armi, in un episodio emblematico: il rapimento di un sodale che aveva “tradito” il gruppo, rubando lo stupefacente per tentare di venderlo autonomamente.


La Guardia di Finanza individuava il luogo di “detenzione” richiedendo l’immediata attivazione del BKA della polizia di Francoforte e della polizia olandese di Utrecht.


In particolare, la polizia olandese arrestava il soggetto incaricato di consegnare l’arma al sicario per punire il “traditore”. La polizia tedesca faceva irruzione nel luogo di prigionia, traendo in arresto i responsabili.


10 dicembre 2018


(ANSA) - LODI, 10 DIC - Dalle prime ore della mattinata i carabinieri del Nucleo investigativo di Lodi, coordinati dalla locale Procura, stanno eseguendo 10 misure cautelari emesse dal Gip presso il Tribunale di Lodi. I destinatari dei provvedimenti sono residenti nelle province di Lodi, Pavia e Milano. Gli indagati, tutti indiziati, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, secondo le indagini gestivano un giro di cocaina, hashish e marijuana. 



12 giugno 2019


Operazione Sine finibus - Smantellata una ramificata associazione a delinquere transnazionale attiva nel traffico di alcolici


Decine di depositi fantasma in tutta Europa, un carosello di migliaia di spedizioni incrociate di milioni di litri di vodka, whiskey ed altre bevande alcoliche, partite di prodotto scaduto, finte esportazioni di bottiglie vuote ed addirittura laboratori di droga. Gli espedienti per sottrarre gli alcolici alla gravosa imposizione fiscale vigente nel Regno Unito non avevano davvero limiti né confini: da qui l’operazione “sine finibus”, un percorso investigativo durato tre anni, che ha visto i Finanzieri del Comando Provinciale Udine ricostruire, passo passo, tutta la filiera, dalla produzione al trasporto, sino alla distribuzione, ricercandone direttamente le prove dell’insidiosità in 15 Paesi europei, sui 17 coinvolti, sino a ricostruirne il volume – 180 milioni di litri di alcolici “contrabbandati” ed 80 milioni di euro di accise evase – ed identificarne gli operatori economici a vario titolo coinvolti, 87, e le persone responsabili, 60, tutte denunciate alla Procura della Repubblica friulana.


La struttura dell’associazione criminale transnazionale smantellata oggi, tra Italia e - sotto l’alto coordinamento di Eurojust - Regno Unito, dai Finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Udine vede, in posizione apicale, B.N.D.S., alias “John”, 63enne cittadino britannico, e L.D., brindisino di 46 anni, anch’egli residente oltre manica, destinatari di mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Udine, unitamente altre 18 misure cautelari, 4 agli arresti domiciliari e 14 obblighi di dimora.


L’esistenza del sodalizio era emersa a fine 2016, quando, nel corso di un’articolata indagine in materia di contrabbando di gasolio, una nuova figura, C.S., 44enne catanese, titolare di una piccola azienda di ingrosso bevande alcoliche, aveva chiesto la disponibilità di un deposito fiscale per far “transitare” un carico di prodotto energetico. L’operazione aveva fatto subito scattare un campanello d’allarme. Il prodotto energetico, così come le bevande alcoliche in genere, circola scortato da un documento valido in tutta Europa, l’e-AD, munito di un codice univoco di identificazione, l’ARC, tracciabile da tutte le dogane e le polizie finanziarie dell’Unione. Chiedere di far “transitare” un carico sottintendeva una presa in carico formale utile a nasconderne l’effettiva destinazione.


L’immediato approfondimento della posizione di C.S. ha rivelato che il suo deposito fiscale risultava avere una giacenza di bevande alcoliche più che quintupla rispetto alla capienza massima, segno che il prodotto entrava solo cartolarmente. Forte dell’esperienza accumulata con le bevande alcoliche, C.S. voleva ampliare i propri affari al traffico di gasolio. Guardia di Finanza Comando Provinciale Udine


Il filone, inizialmente secondario, è, quindi, ben presto, divenuto quello principale. Il sistema è apparso subito estremamente diffuso ed articolato:


1. grandi società produttrici europee, in buona parte compiacenti, ricevevano ingenti ordini di alcolici da alcune società distributrici, nate da poco, senza alcuna caratura finanziaria, ma stranamente in grado di movimentare, da subito, enormi partite di merci;


2. le merci, regolarmente accompagnate dal documento fiscale elettronico di scorta, erano destinate ad alcuni depositi fiscali italiani intestati a prestanome, persone prive di capacità patrimoniale e finanziaria, utili solo per rilevare la titolarità della licenza fiscale necessaria a potere entrare nella giostra delle spedizioni internazionali. Le indagini hanno appurato che i camion transitavano realmente in Italia, almeno in gran parte: due, infatti, con circa 27.000 litri di vodka, sono stati sequestrati, tra il 2017 ed il 2018, dai Finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Udine mentre tornavano verso il Brennero dopo avere falsamente “smarcato” l’arrivo e lo scarico in Sicilia ed in Valle d’Aosta;


3. da questi depositi, non appena perfezionata la presa in carico con la “accettazione” e la “conferma” dell’e-AD, necessarie per chiudere contabilmente le spedizioni, le merci – con lo stesso vettore – iniziavano un vero e proprio carosello di destinazioni, sempre funzionale alla consegna finale, al momento opportuno, su suolo britannico, tramite:


a. L’esportazione cartolare verso paesi terzi (Russia, Macedonia, Emirati Arabi Uniti, etc.);


b. L’invio, con altro documento fiscale elettronico, verso ignari depositi fiscali dell’est Europa che, appresa la pendenza, le avrebbero – purtuttavia giorni dopo – respinte;


c. L’invio, sempre con altro e-AD, proprio verso il Regno Unito, da dove sarebbero, poi, state cartolarmente esportate. In questo caso, approfittando della validità di 5 giorni che il documento elettronico normalmente ha, si doveva fare in modo di poterlo abbinare a più carichi;


d. L’invio, in nero, occultate sotto altra dicitura non gravata da obblighi documentali. In questo caso le bevande rimanevano contabilmente in carico al deposito italiano, che si trovava ad avere volumi assolutamente incoerenti con le sue dimensioni. È il caso, tra i molti, di depositi individuati ad Aosta, Zafferana Etnea (CT), Milano, Pavia, Alessandria e Cuneo;


4. Parallelamente, due distillerie nazionali, senza grandi sbocchi commerciali, avevano ricevuto l’ordine, dagli stessi distributori, di produrre partite di vodka per il medesimo mercato, da movimentarsi spacciandole quali succhi di frutta o facendo figurare spedita all’estero la merce inviando, in realtà, bottiglie vuote.


Identificata la rete criminale, è stato necessario pianificare un intervento congiunto presso tutti gli operatori commerciali per comprendere la natura delle relazioni, acquisire la documentazione ed individuare i manovratori della frode.


Grazie al supporto offerto da Eurojust, l’organo europeo di coordinamento giudiziario, il 14 luglio 2017, sotto la regia di un dedicato “Centro di Coordinamento”, sono state eseguite, contestualmente, in 12 Paesi Europei (Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Germania, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna e Svizzera), dalle locali forze di polizia e doganali, affiancate dalle Fiamme Gialle friulane, oltre 50 perquisizioni presso le società mittenti, quelle intermediarie e le aziende speditrici, appurando, nella maggior parte dei casi, la fittizietà delle operazioni, l’assenza delle merci o la diversa destinazione d’uso dei locali.


In un caso, nei Paesi Bassi, anziché un deposito di vodka, la polizia olandese ed i Finanzieri hanno scoperto un laboratorio clandestino di MDMA, la droga in pillole meglio nota come “ecstasy”, attrezzato con alambicchi e barili di materia prima utili di produrre un numero elevatissimo di dosi.


In un altro, in Germania, la locale polizia ha, invece, rinvenuto 30.000 litri di alcolici scaduti, fatti più e più volte circolare per giustificare la movimentazione di quelli destinati altrove.


Nel corso del 2018, sempre con la regia sovranazionale di Eurojust, i Finanzieri friulani hanno acquisito ulteriori riscontri in altri 3 Paesi europei, a Cipro, in Francia e nel Regno Unito, ultima tappa di una maratona investigativa che ha permesso di identificare i vertici del gruppo, il 63enne britannico B.N.D.S., alias “John” – definito dal Giudice per le Indagini Preliminari la “quintessenza” del gruppo criminale per la sua pervasiva capacità di manovrare, come un burattinaio, l’intero scenario, spostandosi, all’occorrenza, anche in Italia, per risolvere situazioni di stallo in grado di compromettere gli affari od attirare l’attenzione degli investigatori – ed il 46enne italiano L.D., punto di contatto con la costola pugliese dell’organizzazione, riparato nel Regno Unito per sfuggire ad un altro Mandato di Arresto Europeo.


In quell’occasione, la perquisizione dell’abitazione del “John”, operata direttamente dalle Fiamme Gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria con i Funzionari dell’HM Revenue and Customs, la Dogana britannica, permise, oltre che dargli il segnale della particolare attenzione riservatagli dagli investigatori italiani, di rinvenire informazioni e documenti utili a confermarne il ruolo di assoluta primazia sul resto dei sodali.


Accogliendo le richieste del Pubblico Ministero, D.ssa Viviana del Tedesco, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Udine, dott. Matteo Carlisi, ha emesso un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali nei confronti dei 20 associati, di cui due in carcere, ai vertici residenti nel Regno Unito, 4 ai domiciliari, ai promotori pugliesi, tutti residenti nel Salento, e 14 obblighi di dimora, agli altri attivi nel meccanismo fraudolento, con ruoli variabili dalla gestione figurativa del deposito alla creazione e gestione virtuale dei documenti fiscali informatici di scorta.


L’indagine – che si è avvalsa del fattivo contributo dell’Ufficio delle Dogane di Cuneo e del supporto di analisi della Direzione Centrale Accertamento e Controlli, Ufficio Investigazioni, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – conferma il ruolo di presidio della Guardia di Finanza a tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea, di cui le accise sono una primaria fonte di entrate, e l’assoluta validità, per combattere le organizzazioni criminali che erodono risorse al suo bilancio, di un approccio investigativo olistico, trasversale ed interistituzionale, imprescindibilmente abbinato ad una strutturata cooperazione internazionale.


17 dicembre 2019


Caporalato - Operazione Labirinto - Sequestrati beni e liquidità per 17 milioni di euro


Pavia, città del libro di Stradella; lì G.B., di anni 63, gestiva un importante polo logistico attraverso una fitta rete di società cooperative a lui riconducibili utilizzando metodi che gli consentivano, da un lato, di offrire ai propri committenti prezzi ben al di sotto di quelli di mercato e, dall’altro, di frodare il fisco.


Quando venne arrestato nel luglio 2018 al termine di una complessa indagine della Guardia di Finanza di Pavia, gli furono contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. caporalato) oltre che di frode fiscale per decine di milioni di euro.


Nel luglio del 2018 oltre che a G.B. erano scattate le manette ai polsi di altri 11 sodali componenti un’organizzazione a delinquere che tramite la Premium Net Scpa ed una serie di cooperative e consorzi di cooperative ad egli riconducibili, di cui G.B. era il dominus indiscusso. Gli esiti investigativi avevano successivamente indotto il Tribunale di Milano ad applicare, uno tra i pochi casi in Italia, la misura temporanea di prevenzione dell’Amministrazione giudiziaria (tuttora in atto) prevista dall’art. 34-bis del Codice Antimafia alla società italiana di logistica facente parte di un importante gruppo multinazionale operante nel settore, principale committente delle aziende di cui l’imprenditore era l’amministratore di fatto.


Le fiamme gialle pavesi, però, non si sono fermate qui e, sotto la guida della Procura della Repubblica di Milano, hanno ricostruito la sua storia criminale partendo dai primi anni 90 quando l’imprenditore cominciava a collezionare i primi precedenti penali per reati contro la pubblica amministrazione, il patrimonio e per evasione fiscale, evidenziando così una raffinata e ostinata capacità delinquenziale.


Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini hanno indotto la Procura della Repubblica di Milano – Sezione Distrettuale Misure di Prevenzione, ad approfondire le posizioni patrimoniali nei confronti dell’imprenditore e di alcuni familiari, oltre che nei confronti di una insospettabile milanese 50enne, impiegata di un Ente Locale, molto vicina all’imprenditore, socia di una delle società immobiliari e intestataria di una polizza vita del valore di oltre un milione di euro, oggetto anch’essa della misura odierna.


Così, scavando per mesi su centinaia di conti e rapporti finanziari sono riusciti a individuare un ingente patrimonio frutto delle sue attività criminali, abilmente occultato mediante schermi societari e persone fittiziamente interposte.


G.B., infatti, nonostante vantasse un elevato tenore di vita con macchine di grossa cilindrata, cene nei ristoranti più prestigiosi di Milano, acquisti di gioielli e orologi, viaggi esclusivi, disponibilità di ingenti somme di denaro contante e di appartamenti in centro a Milano e nelle località sciistiche e balneari più prestigiose d’Italia, risultava non possedere nulla all’infuori del suo reddito.


All’esito dell’articolata indagine patrimoniale, portata avanti districandosi in un vero e proprio labirinto di società (anche di diritto inglese) e fiduciarie, sono stati individuati immobili e liquidità per circa 17 milioni di euro.


Nelle ultime ore, pertanto, i finanzieri di Pavia in esecuzione della misura di prevenzione emessa dal Tribunale di Milano stanno dando esecuzione al sequestro di centoventi tra appartamenti di pregio finemente arredati, un villaggio turistico sul Lago di Garda, autorimesse e terreni in Valle d’Aosta, Piemonte, riviera ligure di levante e in Lombardia, nelle province di Milano, Brescia e Lodi. Gli immobili sono risultati a vario titolo nella disponibilità dell’imprenditore, formalmente iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero a Melide, sul lungolago di Lugano, ma di fatto domiciliato in provincia di Milano.


L’odierna operazione testimonia l’impegno della Guardia di Finanza a contrasto dei patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali le quali, operando al di fuori della legge, inquinano il mercato, danneggiano l’economia legale e gli imprenditori onesti.


21 gennaio 2020


ITALIA - COSTA AZZURRA /Sequestro patrimoniale in Italia e all’estero per circa 30 mln di euro nei confronti di un “evasore seriale socialmente pericoloso”


I militari della Guardia di Finanza di Bologna hanno eseguito un sequestro di prevenzione di beni mobili, immobili, disponibilità finanziarie e quote societarie – detenuti anche all’estero – del valore di circa 30 milioni di euro, nella disponibilità di S.V., imprenditore formalmente residente nel principato di Monaco ma di fatto domiciliato in provincia di Pavia, in quanto ritenuto “soggetto fiscalmente e socialmente pericoloso”. Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Bologna – Sezione Misure di Prevenzione, in accoglimento della richiesta formulata dal Pubblico Ministero titolare delle indagini, dott. Roberto Ceroni della locale Direzione Distrettuale Antimafia.


Tra i beni oggetto di sequestro da parte del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Bologna rientrano n. 10 immobili (tra cui 3 complessi immobiliari di pregio, con parco, piscina e autorimessa, di cui due siti nel pavese e uno ubicato a picco sul mare nella prestigiosa località francese di Roquebrune-Cap Martin, del valore di circa € 7 mln), oltre 30 autovetture (tra cui spiccano diverse Bentley, Range Rover, Ferrari e prestigiose auto d’epoca), quote societarie e disponibilità finanziarie.


Il provvedimento cautelare costituisce lo sviluppo dell’operazione “MILLE MIGLIA” eseguita nel 2016 nel corso della quale il proposto era stato denunciato, unitamente ad altre 14 persone, e tratto in arresto per aver distratto dal patrimonio del fallimento di una società con sede in Bologna beni per circa 7,5 mln di euro. Veniva appurato, altresì, come l’imprenditore, sebbene fittiziamente residente all’estero, commerciasse autoveicoli di assoluto pregio in Italia in completa evasione d’imposta omettendo di dichiarare redditi per circa 96 milioni di euro.


All’esito delle predette indagini, le fiamme gialle felsinee sviluppavano investigazioni economico patrimoniali, ai sensi del “Codice antimafia” ricostruendo la lunga “storia criminale” del S.V., caratterizzata dal compimento di plurimi reati di usura, riciclaggio, bancarotte fraudolente e una evasione fiscale “pluriennale e colossale” tanto da accumulare, quantomeno dal 1984 ad oggi, sia come persona fisica sia tramite le numerose persone giuridiche di comodo a lui riconducibili, un debito verso l’Erario quantificabile in oltre 140 milioni di euro.


Gli approfondimenti investigativi condotti hanno permesso quindi di evidenziare in capo al proposto una “pericolosità sociale e fiscale, storica, concreta ed attuale”, atteso che lo stesso, oltre ad aver commesso i suddetti reati, risultava formalmente pressoché nullatenente e indigente. Il soggetto, infatti, dal 1979 ad oggi aveva complessivamente dichiarato redditi per soli 165 mila euro, pur disponendo - di fatto - di un patrimonio del valore stimato di circa 30 milioni di euro, non solo in Italia ma anche in altri paesi europei. L’operazione odierna si inquadra nel più ampio dispositivo di polizia economico-finanziaria predisposto dalla Guardia di Finanza a tutela dell’economia legale, restituendo alla collettività i beni accumulati attraverso comportamenti illeciti e in danno dell’iniziativa imprenditoriale condotta nel rispetto delle regole.


L’obiettivo del Corpo è quello di aggredire, con le misure di prevenzione, i patrimoni illecitamente accumulati dalla cd. “criminalità da profitto”, ovvero da coloro i quali, lungi dall’essere occasionali evasori, vivono di traffici delittuosi o traggono il proprio reddito dai proventi dell’attività criminale.


22 gennaio 2020


Operazione Dioniso - Vino adulterato a Pavia


L’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza di Pavia, alle prime luci dell’alba, al termine di una complessa indagine, coordinata dal Procuratore aggiunto Mario Venditti e dal Sostituto Procuratore Paolo Mazza, hanno arrestato cinque persone di nazionalità italiana che in associazione fra loro si sono rese responsabili di una complessa frode in commercio nel settore vinicolo, perpetrata da una nota cantina della Provincia di Pavia.


Nella notte di mercoledì 22 gennaio, nel territorio dell’Oltrepò pavese e nelle province di Asti, Cremona, Piacenza, Verona, Vicenza e Trento, militari della Compagnia Carabinieri di Stradella (PV) e della Compagnia Guardia di Finanza di Voghera (PV), con il concorso dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), del Gruppo Carabinieri Forestale di Pavia e dei Comandi Provinciali dell’Arma e della Guardia di Finanza di Pavia e con il supporto aereo dei Nuclei Elicotteri dell’Arma dei Carabinieri e del Roan della Guardia di Finanza e dei cash dog del Gruppo della Guardia di Finanza di Linate, hanno eseguito cinque misure cautelari degli arresti domiciliari e due obblighi di firma emessi dal Tribunale di Pavia, nei confronti rispettivamente di C.A., R.C., C.C., V.A., C.M. e F.C., O.D. responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari (DOC e IGP), nonché all’utilizzo e all’emissione di fatture false che servivano a giustificare quantitativi di vini etichettabili con denominazioni pregiate, non presenti in magazzino, e sostituiti dal produttore con vini di qualità inferiore, alterati e destinati alla vendita come vini di tipologie tipiche dell’Oltrepò Pavese. Nel corso delle attività di polizia giudiziaria sono state eseguite anche 28 perquisizioni domiciliari, locali e personali nei confronti di altrettante persone fisiche, aziende acquirenti del vino, nonché laboratori di analisi compiacenti.


Più nel dettaglio l’indagine ha avuto inizio nel settembre 2018 con una mirata delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia che, per gli accertamenti del caso, delegava la Compagnia Carabinieri di Stradella (PV), la Compagnia della Guardia di Finanza di Voghera ed il Comando Provinciale Carabinieri Forestali di Pavia allo scopo di verificare presunte attività illecite, finalizzate alla contraffazione di prodotti vinicoli, avvenute durante la vendemmia e la prima lavorazione dei mosti del 2018 presso la Cantina Sociale di Canneto Pavese (PV), specializzata nella produzione di vini a marchio DOC e IGT tipici della zona.


Le indagini, sviluppate anche attraverso intercettazioni telefoniche e videosorveglianza, unitamente al contributo dell’ICQRF - Ufficio Territoriale di Milano, hanno consentito di acclarare un consistente ammanco di cantina, ossia la differenza tra la quantità fisica di vino presente nelle cisterne e la quantità commerciale riportata nei registri di cantina, che era decisamente superiore a quella fisica. L’ammanco, risultato pari a circa 1.200.000 litri, ha determinato per il produttore una ulteriore possibilità di vendita di vino contraffatto per un valore economico di svariati milioni di euro.


L’ammanco è stato dolosamente creato falsificando le rese dell’uva/ettaro mediante bolle di consegna relative ad uve mai conferite in azienda da agricoltori compiacenti. La successiva indicazione sui registri di cantina della massima resa inerente la trasformazione dell’uva in vino, generava una contabilità sbilanciata rispetto al reale carico della cantina, che consentiva a quest’ultima di giustificare la vendita come vini DOC e IGT o “BIO” anche di prodotti che in realtà non avevano le caratteristiche richieste per tali etichettature, poiché “miscelati” con vini di qualità decisamente inferiore, non proveniente da uve certificate. A tali prodotti venivano quindi aggiunti “aromi” vietati nella produzione vinicola, allo scopo di falsarne le proprietà olfattive e al palato così da imitare sapore e profumi delle tipologie tipiche dell’Oltrepò Pavese.


Le complesse indagini, durate oltre un anno, hanno permesso di evidenziare che i vertici della Cantina, con il concorso di enologi di fiducia, hanno posto in commercio vino asseritamente a Denominazione di Origine Controllata (DOC) e a Indicazione Geografica Protetta/Indicazione Geografica Tipica (IGP/IGT), ma in realtà contraffatto per quantità, qualità e origine, in violazione degli artt. 515, 517-bis e 517-quater c.p.


Tali condotte sono state perpetrate attraverso il sistematico ricorso a conferimenti, in sede di vendemmia, di uve Igt e doc diverse per tipologia varietale, rispetto a quelle attestate nei documenti ufficiali (bollette di conferimento e fatture d’acquisto), e ad acquisti in nero di ingenti quantità di sostanze vietate dalle norme di settore (zucchero invertito e anidride carbonica) o soggette a specifici parametri di utilizzo (mosto concentrato rettificato).


L’operazione odierna conferma il costante e incisivo impegno dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza a tutela del mercato e della occorrenza leale e degli interessi dell’erario nazionale.


3 marzo 2020


Brescia: operazione contro il traffico internazionale di droga.


Importavano la droga dall’Olanda per rifornire numerosi clienti tra cui uno storico trafficante bresciano.


La Squadra mobile di Brescia, coordinata dal Servizio centrale operativo, ha eseguito 35 misure cautelari per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, lesioni dolose, rapina, detenzione e cessione di armi.


Nell’operazione sono state interessate anche le Squadre mobili di Alessandria, Como, Monza e Brianza, Pavia, Ferrara e Verona e le Polizie di Belgio, Albania, Germania, Spagna e Romania, coordinate dal Servizio di cooperazione internazionale di polizia.


Le indagini, inizialmente dirette nei confronti di alcuni magrebini per lo spaccio di rilevanti quantitativi di hashish, hanno poi riguardato quattro cittadini albanesi e una cittadina romena che importavano dall’Olanda consistenti quantitativi di cocaina.


Il gruppo, che nascondeva lo stupefacente nel sottotetto di una lavanderia di Rovato (Brescia), riforniva gli spacciatori incontrandoli soprattutto nei parcheggi pubblici di Brescia.


Durante l’attività investigativa i poliziotti hanno documentato diverse cessioni di stupefacente che, in una occasione, ha riguardato quattro chili di cocaina con il pagamento di 130 mila euro; inoltre veniva accertata anche la disponibilità da parte di uno degli arrestati di un fucile a pompa e di due pistole.


Gli investigatori hanno documentato anche alcuni episodi criminosi tra gli indagati come pestaggi con mazze e spranghe di ferro, aggressioni con ammoniaca e coltello, fino all’uso delle armi.


Tra gli arresti di questa mattina figurano anche diversi cittadini marocchini e italiani.


Nel corso dell’attività d’indagine, iniziata ad ottobre 2017 sono state arrestate in flagranza di reato 11 persone e sequestrati circa 5 chili di cocaina e 80 chili di hashish.


Il giro d’affari quantificato è stato di circa otto chili di cocaina al mese per un valore all’ingrosso di circa 2 milioni e mezzo di euro all’anno.


5 marzo 2020


Pavia - Operazione Conti in sospeso - Arrestati sei ventenni per spaccio di droga ed estorsione


La Guardia di Finanza di Pavia, alle prime luci dell’alba, a conclusione di indagini, coordinate dal Procuratore Aggiunto Mario Venditti e dal Sostituto Procuratore Andrea Zanoncelli e riguardanti un sodalizio criminale dedito alla commissione di estorsioni e condotte violente di recupero del credito, nonché alla detenzione ai fini dello spaccio di cocaina e marijuana, ha eseguito sei misure cautelari in carcere nelle province di Pavia e Milano.


Le indagini, avviate lo scorso ottobre ed iniziate dopo un intenso monitoraggio delle attività di spaccio perpetrate nel centro di Pavia durante le notti di movida, hanno visto impegnate le Fiamme gialle nella ricostruzione di una fitta rete di vendita che, partendo dai numerosi compratori abituali, ha permesso di giungere fino al dominus del sodalizio criminale, F.T. Quest’ultimo a capo di una banda di ventenni tutti dediti al traffico di sostanze stupefacenti. I finanzieri della Compagnia di Pavia sono riusciti a ricostruire, da subito, l’intero ciclo di acquisto della droga distribuita, poi, nelle diverse piazze di spaccio delle province di Milano e Pavia. Nel corso delle attività investigative, sono stati documentati numerosissimi episodi estorsivi che hanno visto implicati consumatori poco più che maggiorenni utilizzati anche quali pusher dall’associazione criminale.


Questi ragazzi, spesso in condizioni economiche precarie, venivano reclutati dall’associazione criminale per vendere la sostanza stupefacente che gli veniva ceduta a credito. Il minimo ritardo nel pagarla scatenava, però, la violenza della banda che non tardava a manifestarsi attraverso pesanti minacce, spesso brandendo armi da fuoco e con pestaggi effettuati con bastoni di ferro e catene. Gli episodi di violenza sono stati accertati anche attraverso l’analisi tecnica degli smartphone sequestrati agli indagati, all’interno dei quali erano presenti numerosi video che ritraevano le vittime e gli autori dei pestaggi e delle minacce utilizzati per intimorire i debitori che si rifiutavano di pagare.


Risalendo la rete di spaccio, sono stati identificati ed arrestati, i componenti dell’associazione criminale: F.T. domiciliato in Rosate (MI) di anni 22 “capo” e “picchiatore” della consorteria criminale, P.C. domiciliato a Besate (MI) di anni 28 custode dello stupefacente del tipo marijuana e “picchiatore”, F.B. domiciliato a Motta Visconti (MI) di anni 24 detentore dello stupefacente del tipo cocaina e S.S. domiciliato in Besate (MI) di anni 29 “tesoriere” del gruppo ed “autista”. Oltre agli associati, i finanzieri hanno identificato ulteriori due “picchiatori” tale D.C. di anni 22 e L.R.L. di anni 25 che avevano l’esclusivo compito di prelevare, con sconsiderata violenza e forza intimidatrice, il denaro dovuto al gruppo criminale.


Nel corso delle operazioni, oltre 50 militari della Compagnia di Pavia, con il supporto di unità cinofile anti-droga e cash-dog del Gruppo di Linate e del Gruppo Pronto Impiego di Milano, hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari che hanno consentito di sequestrare monili e gioielli, 3 Rolex, 100 grammi di marijuana e hashish, 2 bilancini elettronici, 1000 euro in contanti e circa 20 tra cellulari e tablet. Sono stati inoltre sequestrati, 1 carabina, 6 coltelli e 40 proiettili calibro 9 utilizzati per l’attività estorsiva. Al termine dell’attività investigativa sono state ricostruite cessioni di cocaina e marijuana per oltre 8 kg ed estorsioni finalizzate al pagamento dello stupefacente per oltre 60.000 euro.


L’operazione delle fiamme gialle, si colloca in un ampio dispositivo di controllo economico del territorio, nell’ambito del quale viene garantita un’attenzione particolare ai fenomeni della produzione e commercializzazione di sostanze stupefacenti e psicotrope e l’operazione di servizio condotta costituisce un’ulteriore conferma del controllo esercitato dalla Guardia di Finanza sul territorio lombardo a tutela della legalità e al contrasto dei traffici illegali.


29 luglio 2020


MISURE DI PREVENZIONE


SEQUESTRATI IMMOBILI PER 1,8 MILIONI DI EURO 


NEI CONFRONTI DI UN SOGGETTO SOCIALMENTE PERICOLOSO



Il Centro Operativo di Milano della Direzione Investigativa Antimafia e la Guardia di Finanza di Pavia stanno dando esecuzione, sin dalle prime ore di questa mattina, ad un provvedimento di sequestro disposto dalla Sezione Distrettuale Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta dal dottor Fabio Roia, in esito ad una proposta di applicazione congiunta del Procuratore della Repubblica - DDA di Milano e del Direttore della DIA Gen. D. Giuseppe Governale. 


Coordinate dalla Sezione Misure di Prevenzione della Procura della Repubblica milanese - diretta dal Procuratore Aggiunto della DDA dottoressa Alessandra Dolci - e dal Sost. Proc. dottoressa Bruna Albertini, le indagini si sono concentrate sulla ricostruzione degli ingenti proventi illeciti accumulati da F.A., in seguito alla commissione, negli anni 2000, di numerosi reati (traffico internazionale di stupefacenti, armi, rapine e bancarotta fraudolenta) in relazione ai quali è già intervenuta sentenza definitiva di condanna. 



Grazie all’esecuzione di complessi accertamenti, anche di natura bancaria e finanziaria, ed alla  rilettura, in chiave patrimoniale, degli atti giudiziari riguardanti le vicende penali di cui, nel tempo, F.A. è stato ritenuto responsabile, il Centro Operativo DIA di Milano e la Guardia di Finanza di Pavia hanno dimostrato come quei capitali illeciti siano stati reinvestiti nell’acquisto di immobili di ingente valore, in alcuni casi sottoposti anche ad imponenti lavori di ristrutturazione ed ampliamento.


All’esito complessivo delle indagini, il Tribunale di Milano ha disposto il sequestro di due ville di pregio situate nei comuni di Gambolò (PV) e Vigevano (PV), un immobile industriale, un box e diversi terreni agricoli siti in Lomellina, il tutto per un valore complessivo di euro 1.800.000. 


L’operazione odierna, frutto di una proficua sinergia investigativa prodotta - sotto il coordinamento della DDA milanese - dalla DIA di Milano e dalla Guardia di Finanza di Pavia, testimonia, soprattutto in momento particolarmente delicato come quello attuale, la continua ed incessante attenzione rivolta all’aggressione patrimoniale alla criminalità economica. 


1 ottobre 2020


Dia - Cc operazione a Pavia


DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA


CENTRO OPERATIVO DI MILANO  


COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI DI PAVIA



PAVIA – Personale della Direzione Investigativa Antimafia di Milano e i Carabinieri del Comando Provinciale di Pavia, in esecuzione di un decreto emesso dal Tribunale di Torino, su proposta del Direttore della DIA, hanno proceduto all’esecuzione di un sequestro ad un pregiudicato di etnia “sinti” piemontese, residente ad Asti, già sottoposto alla sorveglianza speciale di P.S. (confermata dalla Corte d’Appello di Torino)  e già condannato in via definitiva per plurimi reati contro il patrimonio commessi nell’arco temporale compreso dall’anno 1982 all’anno 2015, di beni immobili non giustificati dal reddito dichiarato, per un valore complessivo di oltre due milioni e mezzo di euro. Il soggetto era a capo di un banda che nel 2015/2016, in diverse Province del Nord Ovest fra cui quella di Pavia, aveva compiuto decine di furti e rapine in villa accedendovi facendo credere ai proprietari di essere dei Carabinieri.


18 marzo 2021


Operazione antidroga a Pavia, arrestate 6 persone


 Avevano realizzato un sistema produttivo a livello “industriale” per la coltivazione della marijuana all’interno di un cascinale nelle campagne limitrofe a Pavia: sei persone sono state arrestate dopo l’indagine dalla Squadra mobile della città.


A seguito di una segnalazione gli investigatori hanno immediatamente avviato la ricerca del luogo indicato, e dopo alcuni servizi di osservazione, nei pressi della cascina, hanno avuto i primi riscontri. All’interno dell’immobile era stato costruito un vivaio professionale con centinaia di piante di marijuana.


La successiva attività investigativa ha permesso poi di individuare altri due capannoni industriali gestiti dal gruppo criminale e destinati alla coltivazione di cannabis.


Centinaia di lampade collegate abusivamente alla rete elettrica pubblica garantivano il riscaldamento delle piante; mentre attraverso delle cisterne veniva garantito l’approvvigionamento idrico. Tutte le coltivazioni, infine, erano dotate di un sistema sofisticato di videosorveglianza con telecamere che permettevano al gruppo di controllare le coltivazioni anche da remoto.


Gli investigatori hanno accertato che la produzione avveniva a ciclo continuo, tanto da permettere al gruppo di ottenere ogni mese ingenti quantitativi di sostanza stupefacente da immettere nel mercato tramite vendite all’ingrosso.


Gli arrestati di oggi sono tutti cittadini di origine albanese, residenti nel milanese.


Uno era il promotore ed organizzatore dell’attività criminale: si occupava principalmente di individuare e realizzare i vivai di cannabis; due fratelli provvedevano alla materiale gestione dei vivai, al raccolto, essiccazione e imbustamento delle infiorescenze che man mano maturavano; un 48 enne era impiegato per la gestione delle produzioni all’interno dei vivai; una donna di 26 anni partecipava alle operazioni di imbustamento pesatura e conteggio dei profitti delle vendite, nonché al controllo delle coltivazioni mediante la visione da remoto delle telecamere di videosorveglianza.


Infine, un ragazzo di 24 anni si occupava di procacciare i clienti, fornendo le dosi di prova ed effettuando le successive cessioni per quantitativi superiore al chilo.


Dalle indagini è emerso che la sostanza stupefacente veniva venduta all’ “ingrosso” ad un prezzo che variava da 3 euro e mezzo a 5 euro per grammo.


Gli arresti di stamattina sono state eseguiti dai poliziotti della Squadra mobile di Pavia con l’ausilio del Reparto prevenzione crimine, dei cinofili di Milano, nonché del Reparto volo di Malpensa.


18 marzo 2021


Appalti truccati 



La Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini dirette dal Sostituto Procuratore Roberto Valli e coordinate dal Procuratore aggiunto Mario Venditti, sta eseguendo, sin dalle prime luci dell’alba, 4 arresti domiciliari disposti dal GIP Maria Cristina Lapi, nonché perquisizioni e sequestri di apparati informatici in diverse aree geografiche del Paese (Lombardia, Marche, Lazio e Sicilia) per i reati di turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture.


I militari della Compagnia di Vigevano hanno scoperto numerose irregolarità nel bando di gara indetto dalla ASST di Pavia nel 2017, per l’affidamento dei servizi di trasporto in ambulanza svolti da una cooperativa di Pesaro per gli ospedali di Voghera, Vigevano, Mede, Mortara, Casorate Primo, Broni e Stradella.


La cooperativa dopo essersi aggiudicata un appalto del valore di circa 2 milioni di euro ha spesso mancato di garantire, già dai primi mesi di operato, il servizio richiesto dall’appalto, creando numerosi e continui disservizi uniti a sensibili ritardi e mancate prestazioni sanitarie, spesso confermati anche da molte segnalazioni pervenute dai pazienti trasportati e dai medici in servizio presso i citati presidi ospedalieri, facendo presuppore l’utilizzo di un numero di autoambulanze e automediche inferiore a quello che era stato contrattualmente previsto.


Durante la partecipazione al bando di gara la cooperativa ha potuto presentare all’ASST di Voghera un’offerta anomala, talmente fuori mercato (perché quanto offerto non copriva neanche i costi del servizio) da impedire la partecipazione di tutte le altre associazioni presenti nella provincia di Pavia che per anni avevano svolto lo stesso servizio in convezione.


Le fiamme gialle hanno accertato che la base d’asta dell’appalto era stata fissata illegalmente ad una soglia inferiore alle tariffe regionali, causando, di fatto, l’esclusione automatica degli altri operatori sanitari che non avrebbero mai potuto accettare lecitamente un’offerta cosi svantaggiosa.


E la cooperativa indagata come ha potuto far fronte a un ribasso di oltre il 25% rispetto alle tariffe indicate da Regione Lombardia?


Semplicemente la società che ha vinto l’appalto ha indicato costi del lavoro dei propri dipendenti, ben inferiori ai minimi salariali previsti dal contratto collettivo nazionale, costringendo, altresì, i propri lavoratori a prestare anche attività come volontari, traendone un vantaggio che ha consentito loro di presentare un’offerta palesemente anomala per aggiudicarsi l’appalto.


Inspiegabilmente però i vertici di ASST Pavia (Direttore e RUP), pur consapevoli della palese anomalia dell’offerta e dell’illiceità del ricorso alla manodopera volontaria, aggiudicavano ugualmente l’appalto alla cooperativa e, successivamente, a fronte delle numerose violazioni contrattuali acclarate già durante il periodo di prova, omettevano di procedere alla doverosa revoca dell’aggiudicazione stessa, consentendo alla vincitrice di ottenere un illecito profitto.


Molte sono state le violazioni contrattuali e sanitarie di cui la cooperativa pesarese si è resa responsabile: ritardi e disservizi sin dai primi mesi dell’aggiudicazione dell’appalto, mancanza di luoghi attrezzati in cui ricoverare i propri mezzi, lasciando le ambulanze a fine turno parcheggiate sulla pubblica via, e soprattutto, rendendo impossibile effettuare non solo la regolare sanificazione dei veicoli ma anche la stessa pulizia delle ambulanze al termine del trasporto di ogni paziente. In tal modo il servizio veniva espletato, nel pieno della pandemia in corso, in condizioni igienicamente precarie e pregiudizievoli per la salute degli ammalati, in spregio alle più elementari norme sanitarie imposte dalla normativa anti Covid-19.


La cooperativa indagata è parte di un consorzio più ampio con sede a Messina nel quale sono presenti altre cooperative operanti nel settore del trasporto sanitario.


Le attività investigative in corso si inquadrano nel comparto delle attività svolte a tutela della regolarità delle procedure ad evidenza pubblica e della salute pubblica in relazione anche al momento emergenziale dovuto al COVID-19.


27 aprile 2021


Smantellata organizzazione internazionale di narcotrafficanti collegata alla ‘ndrangheta: quindici arresti


Dalle prime luci dell’alba circa ottanta di finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pavia, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.), stanno eseguendo nell’Area metropolitana di Milano, nelle province limitrofe di Pavia, Monza Brianza e a Roma quindici ordinanze di custodia cautelare di cui undici in carcere e quattro agli arresti domiciliari, disposte dal G.I.P. del Tribunale di Milano nei confronti degli appartenenti ad un’organizzazione criminale, con collegamenti a cosche della ‘ndrangheta, dedita all’importazione di cocaina dal Sudamerica.


È il bilancio conclusivo dell’operazione “Mixtus” che ha aperto le porte del carcere per 6 peruviani e 5 italiani; per altri 4 componenti del gruppo criminale (2 peruviani e 2 italiani) sono stati disposti dal Giudice gli arresti domiciliari. Al momento, cinque soggetti tra quelli colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare avrebbero lasciato il territorio nazionale e sono in fase di rintraccio. L’operazione odierna delle Fiamme Gialle, culmine di un’indagine durata circa due anni sotto l’egida della Procura della Repubblica di Milano, ha portato complessivamente al sequestro di oltre 50 chili di cocaina, grazie ad una costante azione investigativa sviluppatasi anche attraverso la cooperazione internazionale con le unità antidroga del Perù, terra natia degli stranieri arrestati. Nonostante le misure di sviamento attuate per l’importazione della cocaina, attraverso le più disparate tecniche di occultamento, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pavia e dello S.C.I.C.O. (Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata) sono riusciti a tracciare le rotte del narcotraffico che partendo dal Perù, transitava per la Spagna per poi giungere in l’Italia, dove lo stupefacente risultava destinato alle cosche di ‘ndrangheta della Lombardia e della Calabria attraverso l’opera di alcuni emissari tratti in arresto.


La droga era infatti destinata anche a soggetti del clan di ‘ndrangheta Molluso, particolarmente attivo nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti. Durante l’attività investigativa, i finanzieri pavesi, monitorando tutte le fasi di importazione del narcotico, anche col supporto dei Reparti del Corpo in particolare presso gli scali aeroportuali milanesi, ove sono avvenuti alcuni dei sequestri, sono riusciti a bloccare i carichi di “polvere bianca” destinati alle piazze italiane che, una volta venduta sulle varie piazze di spaccio avrebbe garantito alle cosche un profitto di circa 5 milioni di euro. Per sfuggire ai controlli doganali e alla particolare abilità a fiutare lo stupefacente dei cani antidroga della Guardia di Finanza, la cocaina è stata anche occultata attraverso dei procedimenti chimici nelle copertine di libri e riviste o intrisa nei rivestimenti delle valigie al seguito dei corrieri per poi essere chimicamente estratta e raffinata in laboratori clandestini.


Uno di questi laboratori, disvelato dai finanzieri nel luglio 2019, proprio mentre erano in corso le operazioni di raffinazione della cocaina, si celava all’interno di una anonima autofficina sita nell’hinterland milanese. In occasione di tale intervento, i finanzieri avevano scoperto (e arrestato in flagranza di reato) un componente italiano dell’organizzazione che per spostarsi utilizzava l’ambulanza che guidava come volontario per conto di una onlus (estranea ai fatti). Dalle indagini dei finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pavia e dello S.C.I.C.O. è anche emerso che alcuni degli arrestati avevano richiesto e percepito anche negli ultimi mesi il reddito di cittadinanza. L’operazione di oggi testimonia il costante impegno esercitato dalla Guardia di Finanza a contrasto del fenomeno del traffico di sostanze stupefacenti, che oltre ad alimentare le casse della criminalità costituisce sempre un grave pericolo per la salute, soprattutto, dei più giovani.


12 maggio 2021


Operazione Matrioska - Bancarotta fraudolenta ed auto-riciclaggio


I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pavia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare reale per complessivi 4 milioni di euro, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Pavia nei confronti di 14 soggetti indagati per bancarotta fraudolenta per distrazione e ricorso abusivo al credito, falso in bilancio e auto-riciclaggio. Il provvedimento cautelare è stato adottato a conclusione delle indagini svolte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Voghera, coordinate dalla Procura della Repubblica di Pavia – Sostituto Procuratore Dott.ssa Camilla Repetto, che hanno fatto luce sul fallimento di una società vogherese attiva, almeno sulla carta, nel settore della produzione e commercializzazione di olio ed altri prodotti alimentari, ma in realtà non operante e dedita esclusivamente all’ottenimento fraudolento di finanziamenti da parte di numerosi istituti di credito ed al successivo trasferimento ed occultamento del denaro ottenuto.


Le attività investigative, svolte attraverso l’esecuzione di accertamenti finanziari nei confronti di 14 soggetti, hanno fatto emergere un modus operandi criminale posto in essere dagli indagati, caratterizzato dall’apertura di decine di conti correnti presso altrettanti istituti di credito per l’illecito ottenimento di finanziamenti ed anticipazioni di denaro conseguente alla presentazione di fatture per operazioni inesistenti. A garanzia dei prestiti a vario titolo conseguiti, gli amministratori occulti della società fallita hanno nel tempo fornito bilanci artefatti e dichiarazioni infedeli, al solo fine di esporre una solida situazione economica e patrimoniale. A seguito del ricevimento del denaro, peraltro mai restituito alle banche eroganti, la società fallita, grazie alla compiacenza di prestanome, di volta in volta provvedeva a bonificare gli importi ricevuti ad altre società e persone fisiche, tutti soggetti collegati, talvolta anche da rapporti di parentela, con i principali indagati.


L’indagine, durata circa due anni, è scaturita da una verifica fiscale eseguita proprio nei confronti della società avente sede a Voghera. I primi accertamenti svolti hanno consentito infatti di rilevare diverse anomalie contabili, in particolare, gravi incongruenze nei bilanci depositati presso la Camera di Commercio, con riferimento ad alcuni dati non veritieri inerenti alle attività economiche. A seguito del falso in bilancio e del fallimento della società, sono state avviate specifiche indagini finalizzate a ricostruire le reali consistenze economico-patrimoniali della fallita, nonché l’esatto ammontare delle somme di denaro illecitamente percepite e distratte dal compendio societario. Le attività investigative hanno permesso di accertare come S.A., rappresentante legale della fallita, con la complicità del fratello e di persone a lui vicine, ha distratto dal compendio societario beni strumentali e disponibilità di denaro per circa 4 milioni di euro.


Sono state individuate liquidità illecitamente incassate con la complicità di persone intermediarie che si sono prestate per riciclare il denaro proveniente dai conti societari, comprendo i reali beneficiari delle transazioni illecite, tra cui diverse società aventi sede all’estero. A conclusione delle attività di polizia giudiziaria i finanzieri della Compagnia di Voghera sottoponevano a sequestro beni per circa 4 milioni di euro tra cui disponibilità finanziarie del valore complessivo pari ad oltre 600.000 euro, fabbricati, terreni ed un autoveicolo, nonché 9 orologi di lusso a marchio Rolex, Cartier e IWC, per un valore complessivo di 80.000 euro, unitamente a denaro contante, rinvenuti all’interno di una cassetta di sicurezza. L’operazione condotta dalle Fiamme Gialle vogheresi conferma il costante impegno della Guardia di Finanza, grazie al continuo coordinamento dell’Autorità Giudiziaria, nell’azione di tutela della collettività e degli imprenditori onesti, contrastando i gravi danni arrecati al sistema economico nazionale da soggetti che operano sul mercato in modo spregiudicato e criminale, falsando la leale concorrenza e danneggiando altri operatori.


25 maggio 2021


Operazione "Piazza pulita" - 6 arresti per turbativa d'asta, concussione per induzione, peculato, truffa, furto e ricettazione


La Guardia di Finanza di Pavia, nell’ambito delle indagini dirette dal Sost. Procuratore dott. Roberto Valli e coordinate dal Procuratore F.F. Mario Venditti, ha eseguito, sin dalle prime luci dell’alba, 6 arresti (uno in carcere e cinque ai domiciliari) e numerose perquisizioni nelle province di Pavia, Piacenza ed Alessandria per i reati di peculato, truffa ai danni di Ente Pubblico, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, induzione a dare o ricevere utilità, gestione di rifiuti non autorizzata, furto e ricettazione.


Le misure cautelari rappresentano il culmine delle indagini svolte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Voghera che hanno consentito di accertare reati contro la Pubblica Amministrazione e numerose condotte illecite nell’ambito della raccolta e smaltimento dei rifiuti e dei rottami ferrosi nella provincia pavese, con il coinvolgimento di ben 15 persone fra dirigenti e funzionari della BRONI STRADELLA PUBBLICA SRL e imprenditori locali.


Le attività investigative, durate circa due anni, hanno inizialmente coinvolto uno degli arrestati, che si trova attualmente in carcere (C.S. di anni 59), responsabile del servizio di coordinamento del personale impiegato nella raccolta rifiuti della citata BRONI STRADELLA. I finanzieri hanno scoperto che era dedito alla costante commissione di condotte di “assenteismo” dall’attività lavorativa, dimostrate dal fatto che, durante l’orario di lavoro, questa persona si recava ripetutamente presso la propria abitazione per il disbrigo di faccende personali.


Inoltre, abusando del suo potere all’interno della struttura aziendale, persuadeva altri dipendenti della società pubblica, in particolare i suoi più stretti e fidati collaboratori (C.A. di anni 33 e G.G. di anni 45) anche loro tratti in arresto, ad assentarsi dal posto di lavoro ed aiutarlo nelle faccende private, talvolta anche di ristrutturazione edilizia della propria abitazione. In cambio prometteva illeciti guadagni e la riconferma del posto di lavoro.


I finanzieri hanno anche scoperto, mediante video riprese e pedinamenti, che i predetti dipendenti durante l’orario di servizio trascorrevano diverse ore a giocare con apparecchiature videoslot in locali pubblici.


Con gli stessi mezzi la Guardia di Finanza ha, inoltre, messo in luce ripetute condotte di peculato, commesse proprio dal citato responsabile del personale e dai suoi dipendenti. Gli indagati si sono, infatti, appropriati di circa 150.000 kg di rottami ferrosi depositati presso le isole ecologiche dell’azienda per poi cederli illegalmente ad un imprenditore tratto in arresto (A.I. di anni 43), titolare di una società attiva nel medesimo settore. L’arrestato C.S. di anni 59, in più, ha utilizzato indebitamente le tessere carburante aziendali, da lui personalmente gestite, acquistando durante il periodo delle indagini oltre 5.000 litri di carburante per uso proprio e della sua famiglia. Grazie ai video acquisiti presso i distributori di benzina sul territorio è stato accertato che riforniva costantemente i suoi autoveicoli privati e riempiva numerose taniche di carburante poi stoccate presso la propria abitazione, in danno della BRONI STRADELLA PUBBLICA SRL.


La Guardia di Finanza ha infine scoperto un impianto criminale basato sulla sistematica falsificazione dei dati indicati sui formulari previsti dalla normativa sui rifiuti: con la complicità dei dipendenti infedeli, il titolare di una ditta individuale autorizzata ad accedere presso la piattaforma ecologica della BRONI STRADELLA (B.G. di anni 66) in stato di arresto, provvedeva a selezionare, tra decine di tonnellate di rifiuti ferrosi quelli di maggiore pregio, separandoli da quelli di scarto. Una volta sottratti, i rottami oggetto di furto venivano ceduti ad un terzo soggetto (G.V. di anni 49 in stato di arresto), titolare di un’importante società pavese attiva nel settore del trattamento dei rifiuti ferrosi, ricavandone un illecito guadagno.


A conclusione delle attività di polizia giudiziaria, i finanzieri della Compagnia di Voghera hanno anche accertato che due dirigenti pro tempore della BRONI STRADELLA PUBBLICA SRL, in concorso con i predetti imprenditori operanti nel settore dei rifiuti e rottami ferrosi, hanno violato le prescrizioni previste per il procedimento di scelta del contraente nell’ambito dei contratti pubblici. Infatti, dalle attività investigative è emerso che il contratto di affidamento del servizio di cernita e vendita del rottame ferroso presso la piattaforma ecologica gestita dalla società a partecipazione pubblica è stato concluso favorendo i predetti imprenditori, in totale violazione delle procedure ad evidenza pubblica dettate dal codice degli appalti.


L’operazione condotta dalle Fiamme Gialle vogheresi conferma il costante ed efficace impegno della Guardia di Finanza, sotto la costante e puntuale direzione della locale Procura della Repubblica, nella lotta alla deleteria piaga dei reati contro la Pubblica Amministrazione, degli sprechi nella gestione delle risorse pubbliche e degli illeciti nel settore del trattamento di rifiuti e rottami ferrosi, allo scopo essenziale di tutelare i legittimi interessi e la dignità degli imprenditori, dei cittadini e dei pubblici funzionari onesti.


7 luglio 2021


Operazione Doppio click


I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cremona hanno denunciato 15 membri di un sodalizio criminale sequestrando beni mobili ed immobili per oltre 72 milioni di euro. Nell’ambito dell’operazione “DOPPIO CLICK”, diretta dalla Procura della Repubblica di Cremona, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Cremona hanno dato esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini Preliminari del Tribunale di Cremona relativo a beni e disponibilità finanziarie per oltre 72 milioni di euro. In particolare, le condotte criminose – realizzate in più Paesi dell’Unione Europea – sono state portate a termine facendo ricorso ad un ampio numero di società cartiere e con l’aiuto di soggetti prestanome che, coordinati e diretti da un noto imprenditore cremonese, hanno consentito di frodare l’erario mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture false.


Il meccanismo si basava sulla pubblicizzazione di siti internet attraverso i quali venivano posti in vendita prodotti di vario genere e natura a prezzi di assoluta convenienza. In realtà, i beni pubblicizzati non esistevano ed i proventi delle truffe venivano ricondotti, attraverso società inesistenti e prestanome compiacenti, nella disponibilità degli organizzatori dell’associazione criminosa. Il meccanismo così architettato, oltre a consentire il riciclaggio dei proventi delle truffe, veniva anche utilizzato per consentire ulteriori condotte delittuose di evasione e frode fiscale da parte di imprenditori operanti in diverse province del territorio nazionale.


Sono stati complessivamente sottratti a tassazione oltre 120 milioni di euro con una evasione dell’I.V.A. superiore a 44 milioni di euro, nonché indebite compensazioni di imposta basate su crediti non spettanti per oltre 3,7 milioni di euro. Ai fini dell’esecuzione, si è rilevata la presenza di beni aggredibili anche all’estero, e pertanto, con il coordinamento dell’ufficio di Eurojust - l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale – e tramite appositi “certificati di congelamento” redatti ai sensi del Regolamento UE 1805/19, l’operazione è stata condotta in contemporanea in altri 4 Stati dell’Unione europea, ossia Belgio, Bulgaria, Germania e Svezia, paesi ove sono presenti rapporti finanziari, rapporti bancari, beni mobili ed immobili direttamente ed indirettamente riconducibili agli indagati.


Sul territorio nazionale le attività sono state condotte nelle province di Cremona, Milano, Brescia, Pavia, Bergamo, Lodi, Varese, Mantova, Parma, Piacenza, Venezia, Verona, Vicenza, Roma, Frosinone, Genova, Sassari, Torino, Treviso, Siena e Taranto. Le Fiamme Gialle hanno sottoposto a sequestro 127 immobili e terreni, 28 beni mobili tra cui imbarcazioni di pregio ed autovetture di grossa cilindrata, 750 rapporti bancari e finanziari riconducibili a 43 persone fisiche e giuridiche coinvolte nella frode. L’attività di servizio evidenzia il costante e quotidiano impegno della Procura della Repubblica di Cremona e della Guardia di Finanza nella lotta alle frodi fiscali ed alle gravi condotte evasive dannose per il sistema economico italiano ed europeo.


Tali condotte, oltre ad arrecare un enorme danno all’Erario, costituiscono una sleale forma di concorrenza nei confronti di quei soggetti che operano nel pieno rispetto delle regole e della legalità e sono interessati a contribuire alla ripresa ed al pieno rilancio dell’economia nazionale.


7 ottobre 2021


Vercelli: spaccio di cocaina e hashish, 12 arresti


Con un giro d’affari stimato intorno ai 250 mila euro l’anno, avevano messo in piedi un’attività redditizia di spaccio di stupefacenti: 12 persone sono state arrestate con l’operazione antidroga “Revenge 2020” dalla questura di Vercelli.


Con oltre 100 poliziotti provenienti da Torino, Asti, Alessandria, Cuneo, Biella, Novara Pavia, Verbania e Rimini e con il supporto dei Reparti prevenzione crimine Piemonte, Lombardia e Toscana nonché dei cinofili di Torino, questa mattina, sono state eseguite le 12 misure cautelari, di cui 7 custodie cautelari in carcere; una persona è stata posta agli arresti domiciliari, ad un’altra è stata irrogata la misura dell’obbligo di dimora e ad altre tre l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.


L’indagine della Squadra mobile di Vercelli ha identificato il capo del gruppo che oltre a gestire un bar nel centro cittadino, gestiva anche il traffico della droga in città; in particolare lo spaccio di cocaina e hashish proveniente dalle provincie di Pavia e Novara.


Infatti, dalle indagini è emerso che un pregiudicato residente nella provincia di Pavia riceveva l’ordine circa due giorni prima dal gestore del bar, tramite il suo socio in affari, un altro pregiudicato per associazione mafiosa e tentato omicidio, residente nel novarese.


I componenti del gruppo, nel tempo, erano diventati scaltri a trattare i loro affari riducendo al minimo le conversazioni telefoniche per favorire quelle attraverso i social con cui stabilivano luoghi e ordini per la droga.


In totale, sono 25 gli indagati implicati a vario titolo nell’attività e oltre agli arresti di oggi, sono state disposte anche numerose perquisizioni e la chiusura per 30 giorni del bar, base operativa dell’organizzazione criminale.


7 ottobre 2021


Operazione "Fenice" - 3 arresti e disposti sequestri per oltre 2 milioni di euro


Nelle prime ore di questa mattina i militari della Guardia di Finanza e dei Carabinieri Forestali di Pavia, unitamente agli appartenenti alla Sezione di P.G. della Procura di Pavia, hanno arrestato 3 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di traffico illecito di rifiuti, incendio doloso, utilizzo ed emissione di fatture false, bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed autoriciclaggio.


Oltre agli arresti, sono stati sequestrati più di 1,8 milioni di euro (tra cui disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli) frutto dell’ingiusto profitto ottenuto attraverso il mancato pagamento delle spese di recupero e/o di smaltimento dei rifiuti ed il mancato versamento del “Tributo speciale regionale” (c.d. ECOTASSA).


I provvedimenti cautelari sono stati disposti a conclusione di complesse indagini, avviate nel 2017, a seguito di un incendio presso la società E.B.A. di Mortara che hanno permesso di accertare innumerevoli illeciti, anche di natura ambientale, nonché la causazione dell’incendio dei rifiuti stoccati nell’impianto di trattamento gestito dalla medesima.


Nell’immediatezza dell’evento incendiario interveniva anche ARPA Lombardia, che si attivava per monitorare le ripercussioni dell’incendio sull’ambiente ed il connesso pericolo per la salute pubblica, dando avvio ai primi accertamenti utili a quantificare e a caratterizzare l’enorme mole di rifiuti presenti presso l’impianto.


Le ulteriori investigazioni, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano – Sostituti Procuratori dott.sa Bonardi e dott. Mazza (della Procura della Repubblica di Pavia ed applicato in DDA) ed eseguite anche attraverso mirate indagini finanziarie, intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno fatto emergere un sistema criminale volto alla massimizzazione degli indebiti profitti conseguiti attraverso il traffico illecito di rifiuti.


In particolare, due degli arrestati (V.B. cl. ’67 e A.C.B. cl. ’67) entrambi gestori dell’impianto di smaltimento, dopo aver ammassato indistintamente quintali di rifiuti pericolosi e non (tra i quali anche rifiuti speciali pericolosi costituiti da lastre di eternit), non provvedevano all’esecuzione di alcuna operazione di trattamento o recupero incamerando così ingenti guadagni quantificati in circa 2 milioni di euro.


Una volta accortisi che la gestione dell’impianto era divenuta insostenibile a causa dell’enorme quantità di rifiuti stoccati, i due criminali decidevano coscientemente di dar fuoco al piazzale al solo scopo di ripulire, a costo zero, l’intera azienda di smaltimento, noncuranti dell’enorme danno per la salute della collettività.


Oltre al traffico illecito che ha comportato la saturazione dell’impianto di Mortara, dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali emergeva inoltre la volontà degli arrestati di avviare nuovi traffici illeciti allo scopo di smaltire proprio i rifiuti interessati dall’incendio del 2017 verso destinazioni estere, rigenerando le attività delittuose dalle ceneri dell’evento incendiario.


A seguito del vasto incendio doloso, la società E.B.A. che gestiva l’impianto di recupero rifiuti unitamente alla E.B.E., veniva dichiarata fallita e i due citati gestori si adoperavano al fine di far sparire l’enorme capitale illecitamente accumulato attraverso la creazione di numerose società intestate a meri prestanome.


L’analisi dei conti correnti, la ricostruzione dei flussi finanziari e l’esame di una mole enorme di documenti permetteva, però, agli investigatori di ricostruire l’articolato sistema truffaldino che, anche attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture false, ha consentito ai criminali di distogliere enormi capitali che sarebbero dovuti servire per pagare i vari creditori commettendo, di fatto, il reato di bancarotta fraudolenta.


Inoltre i due soggetti, unitamente a V.A. cl. ’84, si adoperavano per riciclare ingenti somme di denaro provento dell’illecito traffico di rifiuti e della bancarotta.


Anche in tal caso, l’intero sistema criminale fondato su inesistenti cessioni di capitale e di quote societarie, era finalizzato a distogliere quanto più denaro possibile dalle casse delle varie società a discapito dei contribuenti onesti e dell’Erario.


L’operazione condotta dalle Fiamme Gialle e dai Carabinieri di Pavia conferma il costante impegno nell’azione di tutela dell’ambiente, della collettività e degli imprenditori onesti, contrastando i gravi danni arrecati al sistema economico nazionale da soggetti che operano sul mercato in modo spregiudicato e criminale, falsando la leale concorrenza e danneggiando altri operatori.


18 ottobre 2021


Ambulanze, caporalato e appalti truccati


La Guardia di Finanza di Pavia, nell’ambito di indagini per caporalato e appalti truccati (valore complessivo circa 11 Milioni di Euro), dirette dal Sostituto Procuratore Roberto Valli e coordinate dal Procuratore aggiunto Mario Venditti, sta ponendo sotto sequestro una cooperativa operante nel settore dei trasporti sanitari, tra i primi operatori nazionali, affidataria di appalti pubblici in tutta Italia oltreché beni per un importo di circa 200 mila euro (tra cui disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli).


L’odierna attività di polizia giudiziaria rappresenta la naturale prosecuzione di un’indagine che, già nel marzo scorso, aveva portato all’arresto di 4 persone, nonché perquisizioni e sequestri di apparati informatici in diverse aree geografiche del Paese (Lombardia, Marche, Lazio e Sicilia), per i reati di turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture.


Le indagini svolte dai militari del Gruppo di Pavia e della Compagnia di Vigevano hanno permesso di individuare diverse gare d’appalto per l’affidamento dei servizi di trasporto in ambulanza in diverse parti del territorio nazionale (Pavia, Roma, Milano, Perugia, Ancona e Pescara) vinte dalla predetta cooperativa che sono però risultate turbate e per le quali sono state riscontrate diverse frodi nell’esecuzione del servizio pubblico. In primo luogo, la cooperativa agiva tramite prestanomi, al fine di occultare la costante presenza ed effettiva direzione aziendale da parte di uno degli indagati già condannato in via definitiva nel 2017 per turbata libertà degli incanti, ed aveva escogitato un metodo infallibile per aggiudicarsi tutti gli appalti a cui partecipava: proporre prezzi talmente bassi che talvolta superavano il limite della anti-economicità e assicurare, solo formalmente, una folta flotta di mezzi.


Peccato però che i bassi prezzi erano ottenuti dallo sfruttamento dei lavoratori e dal numero dei mezzi impiegati che era sensibilmente inferiore a quello previsto da contratto.


Naturalmente, l’esiguo numero di mezzi sanitari presenti sul territorio comprometteva l’efficienza dei soccorsi a disposizione della collettività. Inevitabili i disservizi conseguenti, infatti, già dai primi mesi di operato, la qualità del servizio richiesto dall’appalto era molto al di sotto di quanto pattuito, creando numerose e continue inefficienze unite a sensibili ritardi e mancate prestazioni sanitarie, spesso confermate anche dalle segnalazioni pervenute dai pazienti trasportati e dai medici in servizio presso i presidi ospedalieri.


Emblematico è quanto emerso dalle videoriprese effettuate in talune ambulanze, ovvero, che venivano raramente eseguite sanificazioni all’interno del vano sanitario delle ambulanze che, invece, avrebbero dovute essere eseguite dopo il trasporto di ogni paziente (così come previsto dalla normativa regionale e dal contratto d’appalto) soprattutto in tempo di pandemia da Covid-19. Solo per dare un’idea della portata del rischio sanitario accertato, una delle ambulanze monitorate, in 20 giorni di lavoro con contestuale trasporto di 92 pazienti è stata sanificata solo in 4 occasioni mentre un’altra, in 9 giorni di servizio ed 86 pazienti trasportati, è stata sanificata un’unica volta.


A comprova di quanto appena detto, la cooperativa talune volte effettuava il servizio senza aver mai istituito le sedi operative secondarie idonee al ricovero “coperto” dei mezzi e della loro sanificazione, contrattualmente previste ed offerte in sede di gara, tanto che le ambulanze nei momenti di non operatività venivano spesso posteggiate sulla pubblica via.


Se quanto già descritto non bastasse, le indagini hanno permesso di dimostrare come la cooperativa indagata ed oggi sotto sequestro, abbia potuto far fronte ad un considerevole ribasso rispetto alle tariffe indicate dalle Stazioni Appaltanti attraverso un’illecita manipolazione dei costi del lavoro. In particolare, la cooperativa remunerava i propri dipendenti con stipendi molto inferiori ai minimi salariali previsti dal contratto collettivo nazionale costringendo, di fatto, i propri lavoratori a prestare anche attività come volontari, traendone un enorme vantaggio concorrenziale. Infatti, i volontari-lavoratori, costretti a turni di lavoro massacranti (per oltre 12 ore continuative e senza pause), spesso non avevano altra scelta se non quella di mangiare o dormire, quando possibile, all’interno della cabina sanitaria dell’ambulanza che sarebbe dovuta rimanere sterile.


Se ciò non fosse sufficiente erano anche costretti ad effettuare trasporti che esulavano dal loro impiego (ad es. trasporto di un motore all’interno dell’ambulanza). In tal modo il servizio veniva espletato, nel pieno della pandemia in corso, in condizioni igienicamente precarie e pregiudizievoli per la salute degli ammalati, in spregio alle più elementari norme sanitarie imposte dalla normativa anti Covid-19. Giova infine segnalare che uno degli indagati, poco dopo il suo arresto, ha rinunciato alla propria carica di direttore generale nominando altre persone apparentemente in grado di garantire una amministrazione corretta ed imparziale, rivelatesi in realtà persone di fiducia degli indagati.


Ciò è avvenuto anche da ultimo quando è stato nominato un nuovo presidente, sicuramente indipendente dagli indagati, qualificato e in grado di assicurare una corretta esecuzione del servizio, anche se sempre e costantemente affiancato nella gestione della cooperativa da ulteriori persone legate a doppio filo con gli indagati.


Proprio in funzione delle numerose gare d’appalto turbate, delle ripetute frodi nelle pubbliche forniture, della acclarata condizione di sfruttamento dei lavoratori e della corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme al contratto collettivo nazionale, il Tribunale di Pavia - G.I.P. Maria Cristina Lapi, ha disposto un sequestro preventivo dell’intero compendio aziendale della cooperativa il cui patrimonio è di circa 5 Milioni di euro oltreché il sequestro per equivalente di circa 200 mila euro in capo ai caporali. Il pubblico servizio svolto dalla cooperativa non verrà comunque interrotto in quanto, lo stesso Tribunale, ha incaricato un amministratore giudiziario per la gestione e la corretta continuazione delle attività di soccorso.


L’inquinamento del settore degli appalti, come risaputo, emargina le imprese oneste dalle procedure ad evidenza pubblica, con l’ulteriore, negativo effetto rappresentato dalla penetrazione di un’economia illegale in settori strategici.


Di contro, il corretto impiego di fondi pubblici aiuta, nell’attuale momento emergenziale dovuto al COVID-19, ad arginare l’impatto negativo della crisi economica e sociale.


26 novembre 2021


Droga: operazione Camel light dei cc, altri 10 arresti


PAVIA, 26 NOV - I carabinieri della compagnia di Vigevano (Pavia) hanno concluso con l'esecuzione di ulteriori 10 ordinanze di custodia cautelare l'operazione antidroga "Camel Light", che il 25 maggio scorso aveva gia' portato a 11 arresti tra carcere e domiciliari. E' stata smantellata un'organizzazione composta prevalentemente da marocchini che, secondo gli investigatori, ogni settimana era in grado di immettere sul mercato 7-10 chili di eroina e 2 di cocaina, con un guadagno netto di 50 mila euro. La prima fase, partita dalla scoperta di un giro di spaccio nelle campagne intorno a Gambolo' (Pavia), si era concentrata sulla vendita al dettaglio. La seconda e' risalita ai grossisti, a partire da una chiave che era stata sequestrata a un marocchino intercettato a Vigevano mentre trasportava 510 grammi di eroina. In seguito si e' scoperto che apriva il cancello di una tenuta di caccia di Trucazzano (Milano), a ridosso dell'Adda e nei pressi del locale cimitero, dove l'organizzazione aveva la sua base operativa. Gli ingenti quantitativi di stupefacenti importati venivano nascosti nei boschi e poi tagliati, avvalendosi di due chimici, per produrre vari tipi di sostanza come l'eroina speed o rossa e confezionati in panetti da mezzo chilo, che erano successivamente nascosti sotto i cipressi del cimitero. A quel punto venivano avvertiti i trasportatori, che passavano in auto o in moto a ritirare i carichi. Erano destinati a due 'batterie' di spaccio gestite in proprio, nei campi, una in Liguria e un'altra in Lombardia, e a rifornire altre batterie esterne che operavano nelle province di Alessandria, Genova, Bergamo, Lecco, Novara, Varese, Monza e Brianza, Milano, Lodi, Pavia, Como, Massa Carrara e Cremona. La droga arrivava all'organizzazione dall'Olanda o dalla Spagna, importata da un albanese che la nascondeva in camion adibiti al trasporto di carne congelata. Al termine delle due fasi dell'operazione sono stati complessivamente sequestrati 23 chili di eroina di tipo speed e brown sugar, 300 grammi di cocaina, 35.600 euro in contanti, due auto adibite al trasporto e il materiale utilizzato per la preparazione: due presse artigianali, due frullatori industriali, bombole da campeggio, pentole per miscelare l'eroina. Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite all'alba di oggi nelle province di Milano, Bologna, Verona, Cremona, Como e Lecco. (ANSA).


15 dicembre 2021


Traffico di droga tra Italia, Hong Kong e Marocco. Dieci indagati.


I Carabinieri del Comando Provinciale di Milano, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Milano su richiesta della locale Procura, a carico di 10 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di traffico di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e ricettazione. I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti nelle province di Milano, Bergamo, Pavia, Pesaro, Ascoli Piceno, Brindisi e Bari. L'attività investigativa, supportata da operazioni tecniche di intercettazione, è stata avviata nel novembre del 2017 ed è terminata a ottobre 2019 consentendo di individuare un'organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti ed attiva in diverse province del nord e centro Italia.

I carabinieri, nel corso dell'attività investigativa, hanno complessivamente proceduto al sequestro di 720 chili di sostanza stupefacente (marijuana, hashish, cocaina ed MDMA) e 3.800.000.000 euro in contanti. Gli investigatori stimano, inoltre, che nel periodo di monitoraggio il denaro transitato su Hong Kong possa quantificarsi in circa 200 milioni di euro.


Fonte ITALPRESS


10 gennaio 2022


Operazione della procura distrettuale antimafia di Milano tra Lombardia, Calabria e Piemonte


È scattato alle prime luci dell’alba di oggi l’intervento dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pavia che, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma e supportato da reparti della Lombardia, Piemonte e Calabria, stanno eseguendo, tra l’altro, 13 ordinanze di custodia cautelare emesse dal G.I.P. del Tribunale di Milano nei confronti di altrettanti soggetti alcuni dei quali sarebbero contigui a storiche famiglie ‘ndranghetiste originarie di Platì (RC) e radicatesi nel Nord Italia nei territori a cavallo tra le province di Pavia, Milano e Monza Brianza nonché nel torinese.


Le ipotesi investigative contestate agli odierni arrestati dalla Procura Distrettuale Antimafia milanese vanno, a vario titolo, dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo fino a episodi di estorsione perpetrati in Lombardia con l’aggravante del metodo mafioso.


Le Fiamme Gialle pavesi, con il supporto dei reparti territoriali, di decine di unità anti terrorismo pronto impiego (ATPI), l’impiego di unità cinofile e dei mezzi aerei del Corpo sono stati impegnati nella ricerca e cattura dei destinatari della misura interessando anche la roccaforte di Platì dove i principali responsabili del sodalizio si erano spostati, facendo poi la spola con la Lombardia.


L’attività investigativa, iniziata nella primavera del 2019 e conclusasi oggi con l’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare, è stata caratterizzata dal costante monitoraggio dei soggetti originari del Reggino e da tempo stanziati nei territori compresi tra le province di Pavia e Milano, dove avrebbero operato seguendo condotte tipicamente mafiose. Infatti, le attività investigative hanno registrato ripetute attività estorsive nei confronti di soggetti che ritardavano a pagare lo stupefacente, ricorrendo alla forza intimidatrice, sovente manifestata con la prospettazione nei confronti delle loro vittime di gravi conseguenze ove non avessero saldato i propri debiti nei tempi richiesti dai sodali. Il sodalizio indagato avrebbe trattato considerevoli quantitativi di stupefacente, del tipo cocaina e marijuana, immessi nella rete di distribuzione, vendita e consumo anche con l’intento di rifornire gruppi criminali a loro collegati della Lombardia, del Piemonte, della Liguria e in Toscana.


Non sarebbero risultate estranee a queste ultime dinamiche criminali alcune figure femminili, congiunte dei principali indagati, che pur svolgendo una funzione servente o secondaria, hanno comunque dato un contributo reale ed effettivo per la commissione dei reati. Infatti, in più occasioni, è stato rilevato il loro supporto durante le operazioni di prelievo, consegna e confezionamento dello stupefacente nonché durante le operazioni di conteggio dei proventi illeciti incassati.

Per una di loro, come per altri due fiancheggiatori del sodalizio, il GIP del Tribunale di Milano ha disposto la misura dell’obbligo di presentazione avanti alla P.G. e per un quarto la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel territorio del comune di residenza. Il clan, per supportare le proprie capacità operative, per perpetrare le estorsioni ed il traffico di droga o anche per fronteggiare qualsiasi tipo di minaccia proveniente dall’esterno del sodalizio, aveva la disponibilità di armi automatiche, come i noti mitragliatori Kalashnikov, riforniti da altra cellula calabrese collegata.

Al fine di rendere, poi, oltremodo difficile l’individuazione dei proventi delle attività delittuose così da poter sfuggire ad una eventuale aggressione patrimoniale da parte dello Stato, il sodalizio criminale avrebbe utilizzato società di servizi ed imprese edili, costituite ad hoc, ma di fatto inattive, che tramite l’emissione di fatture false avrebbero potuto occultare i proventi illeciti sfruttando anche la complicità di almeno un professionista per presentare bilanci e dichiarazione dei redditi opportunamente “adattati”. Si rappresenta che per il presente comunicato stampa è stata rilasciata apposita autorizzazione da parte dell'A.G. competente.


27 febbraio 2022


Decine di chili di oro proveniente da furti in abitazioni del Nord Italia e diretto in Svizzera.


Comando Provinciale di Asti - Asti, 26/02/2022 11:40


Nella mattinata di ieri, i Carabinieri del Comando Provinciale di Asti hanno eseguito, in Piemonte, Lombardia, sei arresti in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare. I provvedimenti sono stati emessi dalla Procura di Asti nei confronti di soggetti ritenuti attivi nel riciclaggio di preziosi provento di furto in abitazioni del Nord Italia.  L’indagine, avviata nello scorso mese di settembre dai militari del Nucleo Investigativo, ha permesso di individuare i presunti vertici della filiera del riciclaggio all’estero di oro di provenienza illecita e di contestare l’associazione per delinquere nei confronti di questo gruppo di persone, in prevalenza soggetti di appartenenti alla comunità sinti e dimoranti nelle Province di Asti, Torino e Pavia, ritenute attive nella raccolta dai ricettatori di pietre preziose e gioielli che, una volta fusi in proprio in Italia allo scopo di trasformarli in lingotti più facilmente occultabili, venivano trasferiti illecitamente in Svizzera in accordo con due indagati residenti in territorio elvetico, i quali si adoperavano per la rivendita del metallo prezioso presso fonderie site in quello Stato estero. Nell’ambito dei canali di cooperazione internazionale promossi dallo SCIP (Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia), nel corso dell’indagine sono stati effettuati dai Carabinieri del Nucleo Investigativo servizi di osservazione transfrontaliera in Svizzera, unitamente a personale della Polizia Cantonale del Ticino, a seguito dei quali l’A.G. elvetica ha avviato un procedimento penale connesso ai fatti contestati in Italia.


Contemporaneamente alle catture sul territorio nazionale, la Polizia elvetica ha operato dei provvedimenti a cui hanno partecipato anche i militari del Comando Provinciale di Asti. L’A.G. italiana sta procedendo nell’iter di internazionalizzazione dei provvedimenti di cattura mediante l’emissione di mandato di arresto europeo nei loro confronti.


Nel corso dei cinque mesi di attività investigativa è stato possibile documentare un gran numero di trasporti in Svizzera di oro di provenienza illecita, le consegne di metallo prezioso, uno o due viaggi a settimana, ammontano ad un peso complessivo di circa 100 chili, corrispondente ad un valore di circa cinque milioni di Euro. Sulla base di quanto emerso dalle indagini, si è potuta delineare la notevole estensione della rete di fornitori della presunta associazione che, provvedendo a fondere direttamente la refurtiva, non solo ne rendeva più facile il trasporto all’estero, ma contribuiva a determinare l’impossibilità di riconoscere i gioielli ostacolando fortemente le indagini.


Nel corso delle perquisizioni, avvenute nelle Province di Asti, Torino, Alessandria, Piacenza e Pavia, sono stati recuperati oltre

 37 chili di oro tra monete, gioielli e lingotti derivati dalla fusione di refurtiva, pietre preziose, quasi un milione di euro in contanti e quindici pistole anche di grosso calibro con relativo munizionamento. 


17 marzo 2022


Confiscati 120 immobili e disponibilità finanziarie per circa 16 milioni di euro


Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pavia hanno dato esecuzione a un provvedimento di confisca emesso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura della Repubblica di Roma, avente ad oggetto 120 immobili dislocati su tutto il territorio nazionale e disponibilità finanziare quantificate in circa 16 milioni di euro.


L’attività trae origine da un’indagine svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pavia che ha ricostruito l’ingente patrimonio mobiliare ed immobiliare accumulato dal proposto nell’arco di un ventennio.


Il destinatario, formalmente residente in Svizzera, era a capo di una serie di società operanti nel settore della movimentazione di merce all’interno di grandi poli logistici aventi unità operative in gran parte del territorio nazionale.


Le indagini hanno permesso di riscontrare la pericolosità sociale dell’imprenditore ai fini dell’adozione di misure di prevenzione patrimoniale.


È emerso infatti il costante e pluriennale coinvolgimento del predetto in varie attività illecite, testimoniate da sentenze definitive di condanna e pendenze per reati contro la pubblica amministrazione, il patrimonio e di evasione fiscale oltre alle svariate operazioni di riciclaggio di capitali illeciti dallo stesso poste in essere mediante la creazione di numerose società, anche estere, intestate a prestanomi.


I beni oggetto di confisca, che sono stati acquisiti a patrimonio dello Stato, riguardano 120 immobili, tra appartamenti e terreni molti dei quali di pregio e in note località turistiche insistenti nelle province di Milano, Torino, Brescia, Genova, Aosta e Lodi (lago di Garda, La Thuille, Sestriere, riviera di Levante), 1 polizza assicurativa del valore di oltre un milione di euro e disponibilità di conti correnti, per un valore complessivo di circa 16 milioni di euro.


Il provvedimento del Tribunale di Roma – Misure di Prevenzione, basato su meticolosi accertamenti patrimoniali della Guardia di Finanza di Pavia, pone la base per restituire alla collettività ricchezze accumulate attraverso attività illecite.


30 giugno 2022


Operazione Gdf


I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di custodia cautelare emesse dai GG.I.P. presso i Tribunali di Milano e Pavia, e a numerosi decreti di perquisizione locale e personale nei confronti di due distinti contesti criminali.


Le misure restrittive della libertà, giunte al termine di complesse indagini svolte dai finanzieri delle Compagnie di Corsico e Magenta per reati societari, fallimentari, tributari, contro il patrimonio e contro l’economia, hanno colpito in totale 11 soggetti, 3 dei quali sono stati destinatari di entrambi i provvedimenti.


In particolare, i finanzieri della Compagnia di Corsico, delegati dalla Procura di Milano, hanno individuato un’organizzazione criminale, con base a Trezzano sul Naviglio, dedita alla commissione di reati di natura societaria, fallimentare e tributaria, mediante l’acquisizione e la costituzione di 25 società intestate a prestanome. Gli indagati, infatti, accumunati dalla componente associativa, avrebbero distratto beni e ingenti somme di denaro dai patrimoni aziendali e sottratto sistematicamente al pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali, falsificando i bilanci e facendo anche ricorso all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.


L’attività di polizia giudiziaria, posta in essere anche con l’ausilio dei Reparti del Corpo di Varese, Napoli, Salerno e Lecce, ha portato all’esecuzione di 9 misure cautelari personali di cui 3 in carcere e 3 ai domiciliari, 2 di divieto di dimora 1 di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, ed al sequestro preventivo di somme per oltre 33 milioni di euro, nonché al sequestro di n. 127 automezzi.



Contestualmente, le Fiamme Gialle di Magenta hanno sviluppato un’indagine delegata dalla Procura di Pavia, nei confronti di 10 società operanti nell’hinterland milanese nel settore dell’autotrasporto e del commercio di carburante, formalmente intestate a prestanome ma, che sarebbero, in realtà, riconducibili ad alcuni membri di una famiglia di Trezzano sul Naviglio.



Gli indagati, anche in questo caso, avrebbero distratto regolarmente beni societari e somme di denaro, evadendo le imposte attraverso l’interposizione di nuove società appositamente create e predestinate al fallimento. La commistione tra le imprese era infatti tale da innescare una continuazione tra le società ormai “svuotate” e quelle neo istituite, con i relativi passaggi di disponibilità finanziarie, di personale dipendente e delle commesse. I profitti così generati sarebbero stati quindi dirottati verso le nuove società, nonché immagazzinati nelle casseforti del “gruppo”, costituite da società immobiliari.


Nel corso delle indagini, inoltre, i finanzieri hanno scoperto che durante la pandemia i dipendenti delle ditte di autotrasporto e delle pompe di benzina avevano continuato a lavorare nonostante percepissero il sostegno della cassa integrazione da parte dell’INPS, per complessivi 223.000 euro. Tale importo è stato oggetto di apposito sequestro preventivo per equivalente da parte dei militari della Compagnia di Magenta che hanno eseguito 5 misure di custodia cautelare, delle quali 3 in carcere e 2 agli arresti domiciliari.


Durante le investigazioni, i Reparti delle Fiamme Gialle milanesi hanno riscontrato delle convergenze soggettive, motivo per cui, previo coordinamento fra le due AA.GG., i due distinti provvedimenti sono stati eseguiti simultaneamente.


L’operazione, che ha visto impiegati oltre 100 militari del Comando Provinciale Milano, testimonia il sempre attento e costante impegno del Corpo a tutela degli interessi dell’erario, della libera e leale concorrenza tra imprese e a salvaguardia della corretta erogazione delle forme di sostegno al lavoro da parte dell’Ente previdenziale.


6 settembre 2022


Operazione "Metropoli - Hidden Economy", ‘ndrangheta, traffico di sostanze stupefacenti


I finanzieri dei Comandi Provinciali di Pavia e Milano unitamente a militari dello S.C.I.C.O. di Roma stanno dando esecuzione a provvedimenti delegati dalla Procura della Repubblica di Milano, nei confronti di soggetti indiziati di appartenere ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegali di armi.


In particolare, le Fiamme Gialle stanno eseguendo un fermo di indiziato di delitto nei confronti di 13 soggetti ed un sequestro preventivo d’urgenza nei confronti di due attività imprenditoriali.


I citati provvedimenti rappresentano l’epilogo di una complessa attività investigativa convenzionalmente denominata “Metropoli – Hidden Economy”, coordinata dalla D.D.A. milanese e condotta dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria di Milano e Pavia, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, che ha consentito di ricostruire le attività illecite di un’associazione criminale composta da soggetti dediti, a vario titolo, all’illecito traffico di cocaina, hashish e marijuana e all’intestazione fittizia di beni, avente al vertice il figlio dello storico esponente apicale di un sodalizio di ‘ndrangheta del quartiere Comasina di Milano.


Le investigazioni economico-finanziarie hanno permesso di ricostruire i flussi di danaro e rilevare come una carrozzeria, utilizzata dagli indagati anche per la riparazione di auto in danno di istituti assicurativi, ed un negozio di articoli sportivi, entrambi ubicati nella provincia di Milano e formalmente intestati a terzi soggetti, fossero in realtà riconducibili all’indagato principale.


Le indagini hanno altresì permesso di ricostruire le rotte dello stupefacente, con sequestri effettuati anche nel territorio della Confederazione Svizzera, episodi estorsivi nei confronti dei clienti morosi ed un traffico di armi anche da guerra, quali mitragliatori Kalashnikov riforniti da cellule calabresi e balcaniche collegate.


Sono in corso perquisizioni su tutto il territorio regionale con il supporto di altri Reparti e di mezzi aerei della Guardia di Finanza.


Si evidenzia che il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.


La diffusione del presente comunicato stampa è stata autorizzata dalla Procura della Repubblica di Milano, in ottemperanza alle disposizioni del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 188.


27 ottobre 2022


Dal Brasile all'Albania svelata la rete dei narcos calabresi Reggio Calabria - Eseguite, in 4 regioni, 24 misure cautelari


Duecento militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e dello S.C.I.C.O., sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Dott. Giovanni Bombardieri, stanno eseguendo - con il supporto di altri Reparti del Corpo, nelle province di Reggio Calabria, Catania, Messina, Vibo Valentia, Salerno, Milano e Pavia - provvedimenti restrittivi della libertà personale, emessi dalla Sezione G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di nr. 24 soggetti (nr. 15 in carcere e nr. 9 ai domiciliari) coinvolti in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’attività in rassegna costituisce lo sviluppo di una precedente operazione - denominata “Magma” - eseguita sempre dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dallo S.C.I.C.O., diretta dalla Procura reggina - che avrebbe consentito di destrutturare un noto casato di ‘ndrangheta attivo nella provincia reggina - conclusa nel novembre 2019 con l’esecuzione di nr. 45 misure cautelari personali.


Nel dettaglio - allo stato del procedimento e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità - l’operazione odierna avrebbe confermato la forza e la capillarità, sia su scala nazionale che internazionale, dei narcos calabresi, che continuano a porsi quali interlocutori privilegiati con le più qualificate organizzazioni mondiali, garantendo una sempre maggiore affidabilità. La disponibilità di ingenti capitali di provenienza illecita e la spiccata capacità di gestione dei diversi segmenti e snodi del traffico hanno permesso all’organizzazione investigata, che sarebbe stata promossa e diretta da un membro di vertice del citato casato reggino, di consolidare un ruolo rilevante nel narcotraffico internazionale servendosi, tra l’altro, di preferenziali e collaudati canali di approvvigionamento esteri. Il gruppo criminale, che per comunicare faceva uso di telefoni cellulari criptati, ovvero di cabine telefoniche pubbliche, si interfacciava con differenti organizzazioni aventi le proprie basi operative in Albania ed in Brasile. In tale contesto, sarebbe stato scoperto che l’organizzazione era in grado di far giungere dal Brasile ingenti partite di cocaina, stoccate in Svizzera, per poi essere trasportate in Lombardia ed essere cedute ad individuati acquirenti, tra i quali figura un soggetto albanese di particolare rilievo criminale.


A seguito di problematiche legate al pagamento del narcotico, attesi i solidi rapporti in essere, un membro dell’organizzazione brasiliana fornitrice si sarebbe finanche recato in Calabria per incontrare il capo del sodalizio criminale, per addivenire ad una soluzione. Prima dell’incontro - monitorato dagli investigatori - al fine di far comprendere in maniera chiara l’importanza del soggetto che si apprestava ad incontrare, un indagato palesava al referente brasiliano lo spessore criminale del proprio dominus, ostentando, al fine di fugare ogni dubbio, il contenuto di articoli stampa da cui spiccava la caratura della compagine criminale di appartenenza. L’inchiesta, ancora, avrebbe consentito di scoprire come la consorteria criminale producesse, in proprio, ingenti quantitativi di cannabis indica curandone i successivi processi di lavorazione (asciugatura, essicazione, pesatura e confezionamento).


Invero, nel corso dell’attività è emerso come gli indagati, al fine di diversificare ed intensificare la fiorente attività illecita, hanno realizzato una coltivazione di marijuana all’interno di una zona rurale del Comune di Candidoni (RC) nella quale sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro nr. 1227 piante di cannabis, nonché 74 Kg della medesima sostanza stupefacente, consentendo l’arresto di due dei responsabili, colti nella flagranza di reato. La compagine criminale gestiva, inoltre, una consolidata attività di smistamento dello stupefacente attraverso l’impiego di appositi corrieri, sempre pronti a rifornire molteplici “piazze di spaccio”, fungendo da spola tra il territorio calabrese e quello siciliano. In un’occasione, infatti, veniva arrestato, in flagranza di reato, un affiliato in procinto di imbarcarsi per la Sicilia. L'attività di servizio in rassegna testimonia la costante ed efficace azione posta in essere dalla Guardia di Finanza e dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia nel contrasto dei fenomeni connotati da forte pericolosità sociale, tra cui i traffici illeciti di sostanze stupefacenti.


2 febbraio 2023


Droga: maxi blitz in Lombardia, otto arresti


(ANSA) - VIMERCATE, 02 FEB - Otto persone sono state arrestate dai carabinieri, per detenzione e spaccio di droga, durante un maxi blitz con 50 uomini, per smantellare un "market" degli stupefacenti da migliaia di euro con base in provincia di Monza. Si tratta di quattro magrebini e quattro italiani, destinatari rispettivamente di misure cautelari in carcere e ai domiciliari, residenti tra Monza, Carnate, Concorezzo (Monza), e Noviglio (Milano), Vigevano (Pavia) e Robbiate (Lecco), che spacciavano eroina e cocaina in grande quantita'. Documentata dalle indagini dei carabinieri della compagnia di Vimercate (Monza), la compravendita di 40 chili di droga, per un traffico di circa 120 mila euro in pochi mesi. Gli accertamenti sono partiti dal monitoraggio di alcune piazze di spaccio, nei comuni di Vimercate e Bernareggio (Monza), che hanno portato a quelle in Provincia di Milano (comuni di Milano, Carpiano, Assago, Rosate e Segrate) e Provincia di Pavia (comune di Vidigulfo). Sequestrata a che una paletta finta dei carabinieri, usata dagli spacciatori. (ANSA).


16 febbraio 


Colpo allo spaccio di sostanze stupefacenti. 14 arresti.


Comando Provinciale di Milano - Milano, Monza Brianza, Pavia, Alessandria ed Asti, 16/02/2023 12:17


Alle prime ore di questa mattina, nelle province di Milano, Monza Brianza, Pavia, Alessandria ed Asti, i Carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare emesse dai GIP dei Tribunali di Pavia e Monza-Brianza, su richiesta delle rispettive Procure della Repubblica, nei confronti complessivamente di 13 soggetti (4 egiziani, 4 albanese, 2 marocchini, 2 italiani e 1 rumeno) ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, rapina aggravata, estorsione e lesioni personali aggravate. Un altro albanese è stato arrestato in flagranza di reato per detenzione di sostanze stupefacenti.


I provvedimenti scaturiscono dagli esiti di due convergenti attività di indagine, sviluppate mediante articolate attività tecniche, condotte dal Nucleo Investigativo nei confronti di un gruppo di matrice albanese attivo nelle attività di narcotraffico di eroina e cocaina, e dalla Sezione Operativa della Compagnia di Abbiategrasso a seguito di una rissa con accoltellamento - avvenuta in quel comune nell’agosto del 2020 – relativamente ad un sodalizio di matrice nordafricana anch’esso dedito – tra l’altro – allo spaccio di sostanze stupefacenti.


In particolare, le attività investigative nel loro complesso hanno consentito documentare l’operatività di:


- un gruppo di nazionalità albanese stabilmente radicato sul territorio milanese ma capace di esercitare la propria attività con trasporto e consegna di grossi quantitativi di stupefacenti anche fuori provincia (Bergamo, Monza e Brianza, Asti, Cremona, Torino e Verona);


- un gruppo di nordafricani coinvolto nella gestione al dettaglio del mercato degli stupefacenti (cocaina e hashish) nell’abitato della cittadina abbiatense, capace di ricorrere all’uso della violenza sia per affermare la propria supremazia sia per riscuotere crediti insoluti sorti dalla vendita delle sostanze.


Le indagini hanno, inoltre, permesso di far luce su due rapine commesse da alcuni degli egiziani in danno di due soggetti inadempienti, colpiti con calci e schiaffi, minacciati di morte e poi rapinati di contanti in un caso e telefono cellulare e bicicletta nell’altro ed inoltre un’estorsione compiuta nei confronti di un italiano, condotto in una zona isolata e costretto, sotto minaccia di morte, a telefonare alla propria madre per farsi recapitare 50 euro da consegnare agli estortori. I Carabinieri hanno inoltre individuato un appartamento adibito a raffineria per i narcotici, oltre a vari box utilizzati per lo stoccaggio delle varie tipologie di stupefacenti.


Nel corso delle attività sono inoltre stati arrestati in flagranza di reato 4 soggetti e sequestrati complessivamente 10 kg. di hashish, 2 kg. di marijuana, 1 kg. di cocaina, 200 gr. di eroina oltre a sostanza da taglio (paracetamolo e caffeina) nonché 77.745 euro in contanti, frutto dell’attività di spaccio.


Ad esito delle perquisizioni di questa mattina nei confronti degli arrestati, i Carabinieri hanno trovato e sequestrato altri 76 grammi di cocaina nella disponibilità del fratello di uno degli indagati, che è stato, quindi, arrestato in flagranza. Sequestrati anche ulteriori 160.000 euro in contanti.


Dei quattordici arrestati 12 sono stati condotti in carcere e 2 sottoposti agli arresti domiciliari. Quattro destinatari dei provvedimenti sono attualmente irreperibili.


9 marzo 2023


Carbonara al Ticino, sequestrati 220 chili di cocaina: arrestati quattro spacciatori


In undici scatole c'erano 200 panetti di cocaina purissima, per un peso complessivo di oltre 220 chili, per un valore di circa 14 milioni e mezzo di euro. Il maxi sequestro di droga è stato effettuato dalla Guardia di finanza di Pavia in un garage a Carbonara al Ticino, nel tardo pomeriggio di martedì. I militari hanno arrestato quattro spacciatori tre uomini di nazionalità francese e una donna romena.


Fonte Il Giorno


2 maggio 2023


Arrestata organizzazione 


La Polizia Stradale di Venezia, all’esito di una complessa indagine svolta in collaborazione con il personale della Polizia Stradale di Pavia e la Polizia tedesca, nei giorni scorsi ha arrestato l’ultimo presunto capo dell’organizzazione criminosa, specializzata in furti ai danni degli autotrasportatori con la tecnica del taglio teli, il quale risultava latitante da circa un anno.


L’indagine, che avrebbe portato all’arresto dell’ultimo dei probabili principali organizzatori delle attività predatorie lungo le arterie autostradali del Nord- Est, trae origine dal furto perpetrato nella notte tra il 13 e 14 aprile 2022 di un carico di nr. 16 pallet contenenti abbigliamento sportivo del valore di circa 75.000 euro, ai danni di un autotrasportatore che si trovava fermo in una piazzola di sosta dell’autostrada A4 del territorio del Comune di Mogliano Veneto (TV), intento ad effettuare un riposo alla guida.


La complessa attività di indagine, effettuata dalla Polizia di Stato di Venezia, grazie al personale della Squadra di Polizia Giudiziaria della Sezione Polizia Stradale, avrebbe portato all’identificazione dei presunti responsabili del reato.


Definite le responsabilità dei rei alla Procura della Repubblica di Treviso, sono state emesse nei loro confronti due ordinanze di custodia cautelare in carcere, la prima delle quali è stata eseguita nel novembre 2022 dal personale della Polstrada di Venezia, con la collaborazione dei colleghi della Polizia Stradale di Pavia, che ha portato all’arresto del presunto organizzatore del gruppo criminale.


Il secondo complice, invece, è stato catturato lo scorso 16 aprile in Germania, dando esecuzione ad un mandato d’arresto europeo emanato nei suoi confronti.


4 maggio 2023


Eseguiti 9 arresti, 6 misure interdittive e sequestri per un valore di oltre 15 milioni di euro


Pavia - Associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari


In data 04 Maggio è stata eseguita un’articolata ordinanza nell’ambito di un’importante operazione condotta dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Pavia coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, tesa a contrastare la perdurante infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale della Regione e, in particolare, nella provincia di Milano. Ciò attraverso una serie di società gravitanti anche intorno agli interessi economici di uno dei principali indagati, un pregiudicato italiano di origini calabresi, risultato "vicino" alle cosche di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi (VV) e dei Pesce di Rosarno (RC). Tale pregiudicato era già stato arrestato a fine 2019 insieme ad altre otto persone in una precedente operazione, diretta sempre dalla DDA di Milano, in quanto a capo di un sodalizio criminale che aveva investito i proventi derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti in una catena di ristoranti-pizzerie nel milanese, di cui egli era socio occulto per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.


Il provvedimento di custodia cautelare emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Milano su richiesta avanzata dalla Procura Distrettuale, è stato eseguito dalle Fiamme Gialle che sono intervenute con circa 100 militari nelle province di Milano, Monza-Brianza e Crotone per arrestare 9 cittadini italiani, tra promotori e partecipi al sodalizio criminale, fra cui i rappresentanti legali e di fatto di molte delle aziende coinvolte e due professionisti. Per 6 soggetti è stata disposta la custodia cautelare personale in carcere e per 3 quella degli arresti domiciliari. Nel medesimo provvedimento, il GIP ha disposto per ulteriori 6 persone coinvolte il divieto temporaneo di esercitare e ricoprire uffici direttivi di imprese e persone giuridiche nonché il sequestro preventivo dei proventi illeciti per complessivi 15,7 milioni di euro, frutto dell’evasione posta in essere attraverso l’emissione di fatture false per oltre 43 milioni di euro dalle società coinvolte negli accertamenti dei finanzieri.


Nello specifico, la prima fase delle investigazioni consentiva di delineare la struttura e i partecipanti al sodalizio criminale dedito alla commissione di plurimi reati tributari, con a capo un imprenditore operante nel nord milanese, coadiuvato da alcuni familiari, in stretto contatto con un professionista attinto da plurimi precedenti di polizia e già emerso in altra indagine del Nucleo PEF della Guardia di Finanza di Pavia quale promotore di una similare associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati fiscali.


Durante le successive indagini delegate alla Guardia di Finanza venivano quindi individuate numerose società, riconducibili agli indagati, generalmente fornitrici di servizi/manodopera, costituite e gestite da meri prestanome privi di capacità imprenditoriali, senza una struttura organizzativa, mezzi propri e uffici, che concentravano la propria operatività in pochi anni attraverso l’emissione e l’utilizzo reciproco di fatture per operazioni in parte/del tutto inesistenti per poi essere cessate o messe in liquidazione prima che gli uffici finanziari potessero avviare eventuali controlli fiscali e/o sul lavoro. Le fatture emesse riguardavano anche l’utilizzo di strumentazioni e, talvolta, il noleggio di macchinari senza averne l’effettiva disponibilità come per le attrezzature necessarie per l’espletamento dell’attività e l’organizzazione del personale che erano in capo alle società committenti operanti in diverse province lombarde in parte beneficiarie delle false fatturazioni.


Gli accertamenti, sviluppatisi anche attraverso l’approfondimento di numerose segnalazioni di operazioni sospette sui soggetti indagati nonché con l’esecuzione di approfondite indagini finanziarie, hanno quindi portato alla segnalazione all’A.G. inquirente di 15 persone, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari con connessi profili di autoriciclaggio, e a proporre il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. del profitto dei reati corrispondente alle imposte evase dalle aziende coinvolte.


Contemporaneamente ai provvedimenti cautelari viene pertanto data esecuzione anche al sequestro preventivo in via diretta nei confronti delle società coinvolte e per equivalente nei riguardi degli indagati per gli importi a ciascuno ricondotti, finalizzato alla confisca dei profitti dei reati tributari individuati che riguarda conti correnti bancari, denaro contante, attività finanziarie, beni mobili e immobili fino al valore complessivo di oltre 15 milioni di euro.


L’operazione odierna conferma la costante attenzione dell’Autorità Giudiziaria e della Guardia di Finanza al contrasto delle organizzazioni criminali dedite alla commissione di reati tributari e di riciclaggio del denaro derivante dalla stessa evasione fiscale, che costituiscono un grave ostacolo allo sviluppo economico del nostro Paese distorcendo la libera concorrenza tra le imprese sane del tessuto imprenditoriale.


I provvedimenti eseguiti costituiscono misure cautelari disposte in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e quindi presunti innocenti fino a sentenza definitiva.


27 giugno 2023


Operazione antidroga 


Nella mattinata di oggi, martedì 27 giugno, la Polizia di Stato di Varese ha concluso una vasta operazione di polizia giudiziaria che ha portato all’esecuzione di 26 misure cautelari di cui 24 in carcere, 1 agli arresti domiciliari e 1 divieto di dimora in Lombardia e Piemonte, emesse dai G.I.P. di Busto Arsizio, Novara e Lodi che hanno accolto le richieste delle rispettive Procure della Repubblica, nei confronti di un gruppo di persone, originarie del Marocco (eccetto un solo cittadino italiano con mansioni di autista), indagate a vario titolo per i reati  di tortura con uccisione del torturato, tentata estorsione, rapina, detenzione di armi e reati in materia di stupefacenti, in particolare spaccio nelle zone boschive in numerosi punti dislocati nelle province lombarde e piemontesi.


Le diverse misure cautelari sono state eseguite con la collaborazione delle Squadre Mobili di Milano, Novara, Genova, Cremona, Lodi, Piacenza, Pavia nonché con l’ausilio di equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine di Milano.


Gli arresti sono stati eseguiti in Lombardia nelle province di Milano, Lodi, Pavia e Cremona, ed anche nelle province di Novara e Piacenza. Parte dei soggetti destinatari – irregolari in Italia e senza fissa dimora - è risultata irreperibile. Un arresto è stato eseguito in Germania dalle autorità di polizia di quel Paese, attivate dall’Unità FAST italiana (incardinata nel Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia) a seguito della emissione del Mandato d’Arresto Europeo da parte del GIP.


La complessa attività di indagine condotta dalla Squadra Mobile di Varese, culminata con gli odierni arresti, ha preso avvio il 07/05/2022 con il ritrovamento del cadavere di un uomo privo di documenti, di probabile origine nord-africana, abbandonato seminudo in una piazzola di sosta a bordo strada della SS336 nel Comune di Lonate Pozzolo, con evidenti segni di violenza subita.


Gli elementi raccolti, attraverso l’ascolto di decine di soggetti, servizi di osservazione, intercettazioni telefoniche ed ambientali, acquisizione ed analisi tabulati, sequestri, indagini informatiche, accertamenti tecnici e rilievi di Polizia Scientifica (a cura del Gabinetto regionale di Polizia Scientifica di Milano), visione ed analisi di decine di telecamere di controllo del traffico ed appartenenti a privati, accertamenti e servizi di osservazione in territorio estero eseguiti con il coordinamento del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia di Roma (Interpol), hanno consentito di comprendere che l’uomo ucciso – successivamente identificato per un ragazzo di 24 anni marocchino - aveva fatto parte di un gruppo di presunti spacciatori tutti di nazionalità marocchina, facenti capo a due fratelli, dimoranti nel milanese, “proprietari” di diverse piazze di spaccio situate in zone boschive delle province di Milano, Varese, Novara, Pavia e Lodi.


Secondo quanto finora ricostruito, il movente della tortura a cui ha fatto seguito la morte del ragazzo sarebbe stato il furto di droga e soldi per un valore di circa 30.000 euro che il soggetto ucciso aveva compiuto qualche settimana prima nei confronti del gruppo di presunti spacciatori di cui faceva parte, e per il quale lavorava con un complice in una zona boschiva posta a cavallo dei Comuni di Pombia/Oleggio/Marano Ticino, in Piemonte. Con tale droga provento del furto il ragazzo aveva cercato di aprire una “sua” piazza di spaccio in provincia di Varese, in zona Laveno Mombello.


Sulla base di quanto contestato, il gruppo era riuscito nei giorni seguenti ad avere certezza dell’affronto subito da parte del ragazzo, ed il capo lo aveva convocato dicendo che doveva parlargli. La disponibilità, suo malgrado, del ragazzo nei confronti dell’ex “capo” gli sarebbe stata fatale: da un Comune della provincia di Milano il ragazzo sarebbe stato condotto dal capo e da uno dei complici nel bosco in cui aveva rubato la droga e i soldi al gruppo, lì ad attenderli c’erano altri componenti del gruppo, che si sarebbero scagliati contro il ragazzo accusato del furto, lo avrebbero percosso e seviziato con vari strumenti, sino al decesso, avvenuto dopo alcune ore di acute sofferenze, al termine di violenze crudeli e prolungate.


Il suo corpo sarebbe stato poi trasportato nottetempo dal bosco in cui era stato ucciso alla piazzola di sosta in cui è stato trovato la mattina successiva, a seguito di segnalazione da parte di alcuni passanti.


Poco dopo aver iniziato le torture nei confronti del ragazzo, una donna – presuntivamente identificata poi nella compagna del capo del gruppo - aveva chiamato ripetutamente il padre di quest’ultimo, riferendo quello che stava accadendo e chiedendo il pagamento della cifra che il ragazzo aveva rubato. L’uomo, che viveva in Spagna, aveva chiesto di liberare il figlio rendendosi disponibile a recuperare la cifra necessaria, chiedendo, però, del tempo a tale scopo, ma la morte del ragazzo è intervenuta prima che potesse recuperare la somma necessaria.


La notte successiva al ritrovamento del cadavere il capo del gruppo è fuggito in Spagna, grazie al determinante ausilio offerto dalla sua compagna. A dirigere gli affari avrebbe lasciato in Italia il fratello e alcuni fidati uomini che avre proseguito nel fiorente traffico di droga venduta nei boschi lombardi e della provincia di Novara, sempre, comunque, sotto le costanti direttive del capo.


L’indagine ben ha mostrato l’organizzazione e le modalità del traffico di stupefacenti effettuato ad opera di gruppi composti quasi esclusivamente da cittadini marocchini che hanno eletto a piazze di spaccio aree boschive. Dentro al bosco ci sono normalmente due persone, una – che ha la capacità di parlare e comprendere sufficientemente la lingua italiana - addetta alla ricezione delle chiamate da parte dei clienti che fanno l’ordine annunciando il proprio arrivo, l’altra addetta alla consegna della droga al cliente. Chi riceve le chiamate normalmente è il “capo posto”, e gestisce la droga, preparando le dosi, e i soldi; droga e soldi che, nei momenti di “riposo”, lo stesso “capo posto” nasconde all’interno del bosco stesso, cercando di non farsi vedere dall’altra persona con cui lavora in quel punto, per non rischiare che questo possa appropriarsi di tali “risorse”, fuggendo. L’addetto alla consegna al cliente, invece, normalmente è un marocchino giovane da poco giunto in Italia. Quasi tutti sono irregolari sul territorio nazionale.


Si è accertato che il gruppo indagato disponeva di appartamenti affittati da prestanome, e di vetture intestate a prestanome o noleggiate per pochi giorni (con documenti ottenuti da terzi, dietro pagamento di somme di denaro) attraverso società che forniscono il servizio a distanza tramite portale internet.


Nella disponibilità del gruppo criminale, poi, vi sarebbero state anche armi, sia bianche (ad esempio machete), sia da fuoco (fucili e pistole), anch’esse occultate nei boschi di spaccio, ostentate sui profili Facebook e utilizzate per rappresaglie e in caso di contrasti con gruppi rivali (ad esempio a seguito della sottrazione dei telefoni dello spaccio oppure per la conquista di un luogo di spaccio conteso). Almeno due sono gli episodi registrati nel corso dell’attività di indagine, per i quali si è proceduto separatamente innanzi all’A.G. competente per territorio: il primo è avvenuto a fine luglio del 2022 in un locale della provincia di Milano ove, a seguito di rissa fra alcuni dei soggetti emersi nell’indagine, sono stati esplosi alcuni colpi di pistola; il secondo è avvenuto a metà settembre in provincia di Varese, quando appartenenti al gruppo indagato e concorrenti rivali si sono scontrati a colpi di arma da fuoco.


La maggior parte dei soggetti indagati ha precedenti o pregiudizi di polizia in materia di stupefacenti; il capo, inoltre, è stato denunciato in tre occasioni a partire dal 2020 per sequestro di persona e lesioni commesse ai danni di propri sodali nell’ambito dei contrasti legati allo spaccio di stupefacenti.     


Si precisa che l’attività d’indagine effettuata dalla Squadra Mobile di Varese è stata coordinata dalla Procura di Busto, e che quel GIP nel disporre i provvedimenti restrittivi su conforme indicazione del PM si è dichiarato territorialmente incompetente, inviando gli atti alle Procure di Novara, Milano, Pavia e Lodi, che si occuperanno delle fasi successive di questa complessa indagine.


RAPPORTO DIA 1° SEMESTRE 2022


La presenza, nelle province lombarde, di compagini riconducibili alla criminalità organizzata calabrese in questi anni è segnata anche dall’insistenza nel territorio regionale di molteplici strutture di ‘ndrangheta le quali, in assenza di elementi giudiziari di novità nel semestre in argomento, denotano un immutato assetto organizzativo. La principale struttura organizzativa, camera di controllo, denominata appunto, la Lombardia, è sovraordinata ai locali presenti nel territorio e in collegamento con la casa madre reggina. Nella Regione, risulterebbero operativi 25 locali di ‘ndrangheta nelle province di Milano (locali di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano), Como (locali di Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco - Cermenate), Monza-Brianza (locali di Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (locali di Lecco e Calolziocorte), Brescia (locale di Lumezzane), Pavia (locali di Pavia e Voghera) e Varese (Lonate Pozzolo)...

Per i territori delle province di Pavia e Lodi si richiamano indagini condotte da organi investigativi calabresi, nel 2016 e nel 2020, che avevano documentato in provincia di Pavia la presenza di gruppi collegati rispettivamente alla locale di LAUREANA DI BORRELLO (RC) e, anche in provincia di Lodi, alla cosca ALVARO di Sinopoli (RC)...

La Guardia di finanza di Pavia, il 10 gennaio 2022, nell’ambito dell’operazione “Campagna Soprana” ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Milano a carico di 13 soggetti indiziati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi, nonché estorsione, con l’aggravante per alcuni imputati delle modalità mafiose. Le indagini hanno riguardato esponenti del gruppo BARBARO, propaggine dell’omonima cosca di Platì (RC), trasferitisi da decenni nella provincia di Pavia, i quali provvedevano a immettere la droga grazie a una rete di distribuzione gestita con la complicità di sottogruppi criminali in Lombardia, Piemonte, Liguria e Toscana, nonchè alcune figure femminili, congiunte dei principali indagati, che pur svolgendo una funzione servente o secondaria avrebbero contribuito alla commissione dei reati...


Per quanto riguarda le principali inchieste condotte nel semestre in esame, si segnala che il 10 gennaio 2022 la Guardia di finanza ha dato esecuzione7 a 13 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Milano a carico di altrettanti soggetti, alcuni dei quali sarebbero contigui a storiche famiglie ‘ndranghetiste originarie di Platì (BARBARO, MOLLUSO, PERRE e SERGI) e radicate nel Nord Italia tra le province di Pavia, Milano e Monza Brianza, nonché nel torinese. Le ipotesi contestate vanno, a vario titolo, dall’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo, fino ad episodi di estorsione perpetrati in Lombardia con l’aggravante del metodo mafioso. Tra le persone colpite dal provvedimento cautelare, vi è un soggetto già noto anche per essere stato indagato nell’operazione “Fenice”, per un presunto reato di scambio elettorale politico mafioso in favore di un ex assessore regionale piemontese...


Nel contesto territoriale in argomento sono presenti peraltro importanti insediamenti di comunità rom e sinti. Al riguardo, si segnala che il 25 febbraio 2022 i Carabinieri di Asti hanno eseguito, in Piemonte e Lombardia, 6 arresti in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla locale Procura. L’indagine, avviata nel mese di settembre 2021, ha permesso di identificare alcuni soggetti dediti al riciclaggio di preziosi, provento di furto in abitazioni del Nord Italia, e di individuare anche i responsabili della conseguente attività di riciclaggio all’estero dell’oro di provenienza illecita. Nel corso dell’inchiesta, mediante i canali di cooperazione internazionale promossi dallo SCIP (Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia), sono stati effettuati dai Carabinieri anche servizi di osservazione transfrontaliera in Svizzera, unitamente a personale della Polizia Cantonale del Ticino. Nel corso delle perquisizioni, avvenute nelle Province di Asti, Torino, Alessandria, Piacenza e Pavia, sono stati recuperati oltre 37 chili di oro derivati dalla fusione della refurtiva, pietre preziose e quasi un milione di euro in contanti, oltre a 15 pistole anche di grosso calibro...


CONCLUSIONI


Pavia è una zona importante dal punto di vista economico per la Lombardia e per l'Italia. È una zona di eccellenza. Il focus su Pavia serve per non sottovalutare in alcun modo le situazioni criminali presenti che per le tipologie di reato sono alquanto variegate. La situazione non si può assolutamente sottovalutare in quanto la provincia di Pavia ha smesso da tempo di essere, come d'altronde tutta l'Europa, una isola felice in cui la mafia e la criminalità non ci sono. 

Per fortuna le operazioni costanti effettuate dalle forze dell'ordine e dalla magistratura contribuiscono al contrato dei fenomeni criminali, mafiosi e narcos esistenti sul territorio. 



Note.

I nomi e i cognomi dei mafiosi e dei clan sono da ricondurre esclusivamente agli affiliati. Portare un cognome uguale non significa far parte dei clan.

 












































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