MAFIA IN VENETO - DIA 1°SEM 2019





VENETO

I primi dati statistici del 2019 individuano il Veneto come una delle regioni trainanti per l’economia italiana: sebbene il dato complessivo nazionale segnali un rallentamento dello sviluppo, il Veneto si attesta su una crescita più marcata. L’andamento dell’economia regionale nel primo trimestre 2019 mostra infatti un  trend  positivo, con un incremento del 2,3% del fatturato rispetto allo stesso periodo del 2018, dovuto anche al buon andamento delle esportazioni verso l’estero.  La regione dispone, peraltro, di un sistema infrastrutturale funzionale allo sviluppo imprenditoriale, efficiente e oggetto di una costante azione di ampliamento e ammodernamento. Rilevanti sono gli investimenti infrastrutturali che hanno interessato il potenziamento del porto di Venezia-Marghera, dell’aeroporto internazionale “Marco Polo” – entrambi scali internazionali per la movimentazione di passeggeri e merci  – nonché il completamento dell’importante asse viario della Superstrada Pedemontana Veneta. Queste importanti infrastrutture, unitamente alla ricchezza generata dalle imprese regionali, rappresentano dei canali attraverso i quali la criminalità mafiosa punta ad infiltrare in maniera “silente” l’economia legale, avvalendosi di imprenditori mafiosi che si propongono come soci e finanziatori di imprese in difficoltà, salvo poi rilevarne la proprietà e acquisirne la gestione.
In questo sistema economico-imprenditoriale, si registra poi l’operato di professionisti e imprenditori che si rivolgono ai mafiosi per fare anche da tramite con la pubblica amministrazione. In effetti esistono, da tempo, forti segnali che indicano come il territorio del Veneto stia divenendo di particolare interesse per le consorterie mafiose, attraverso presenze qualificate o vere e proprie proiezioni nel territorio regionale.  Per quanto attiene alla criminalità organizzata calabrese, la nota inchiesta “Aemilia” ha portato all’arresto, nel giugno del 2015, di alcuni soggetti residenti in Veneto, riconducibili alla  ‘ndrina  calabrese GRANDE  ARACRI.  Altre conferme di questa proiezione criminale si sono avute con le operazioni “Stige”  e  “Fiore Reciso”, entrambe concluse nel gennaio 2018 e con l’operazione  “Ciclope”,  dell’aprile 2018.
Con riferimento a  Cosa nostra, già alcune investigazioni del passato, avevano  evidenziato la presenza di soggetti collegati a  famiglie siciliane che riciclavano i capitali mafiosi con investimenti immobiliari a Venezia e nella provincia.  Anche in tempi più recenti si è avuta conferma degli interessi criminali perseguiti da soggetti siciliani che soggiornavano nel territorio avendo il divieto di dimora nelle zone d’origine.  Emblematico, in tal senso, il caso di un pregiudicato che, rientrato in Sicilia dopo aver soggiornato per lungo tempo in Veneto, è stato arrestato a fine del 2018, in quanto aveva preso parte al tentativo di ricostruzione della “cupola” di Palermo.  Un cenno merita la criminalità  pugliese  che in Veneto, oltre attuare un “pendolarismo” criminale per la commissione di reati predatori,  ha  fornito i primi segnali anche di un’infiltrazione rivolta all’economia locale. 
Nel mese di luglio 2018 è stata eseguita, a Padova, una confisca  nei  confronti di un’azienda di un soggetto legato ad esponenti della  sacra corona unita  brindisina, in quanto acquistata con i proventi delle attività illecite del gruppo. La silente infiltrazione delle mafie nel tessuto economico della Regione si può desumere anche dai provvedimenti interdittivi antimafia adottati negli ultimi anni dalle Prefetture venete, nei confronti di società operanti nei settori degli autotrasporti, della gestione di distributori di carburante e di attività di ristorazione, tutte vicine ad ambienti malavitosi.  Nel territorio dei Veneto non sono mancate evidenze sull’operatività della criminalità organizzata nel settore del traffico di stupefacenti. I collegamenti del Veneto con la criminalità campana sono connessi allo smercio di stupefacenti inviati proprio dalla Campania. Ne è riprova l’operazione “Dorica” condotta dai Carabinieri e conclusa nel maggio 2017, che ha colpito un’organizzazione attiva nel traffico di  cocaina, fatta giungere da Torre  Annunziata (NA) ad  Ancona e da qui rivenduta nelle Marche, in  Veneto  ed in Emilia Romagna. Tra gli indagati figurava anche un pregiudicato che, in passato, nella vendita di stupefacenti, aveva agito da intermediario per il  clan  AMATO-PAGANO. Altre proiezioni di  camorra  sono state rilevate nell’ambito dell’operazione condotta dalla DIA  e denominata “Piano B”,  che  ha evidenziato la presenza sul territorio di elementi della  famiglia  IOVINE, del  clan  dei CASALESI.
Ancora con riferimento agli stupefacenti, proprio nel semestre è stata individuata, in provincia di Verona, una “cellula” del  clan pugliese dei DI COSOLA, attivo nell’ambito del traffico di cocaina e  marijuana. Sempre in relazione al traffico e allo spaccio di droga, nella regione sono state recentemente svelate chiare presenze di strutture criminali di origine  straniera, le quali si occupano anche della tratta di esseri umani di norma finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Il traffico di stupefacenti resta, comunque, il  business  principale della criminalità di matrice etnica, che vede coinvolti gruppi nigeriani  (con  insediamenti significativi a Venezia, Padova e Treviso) albanesi, rumeni, maghrebini, cinesi e filippini, senegalesi e gambiani. Le sostanze stupefacenti maggiormente trafficate sono la  cocaina  e l’hashish, ma starebbero riprendendo mercato anche l’eroina  e le  droghe sintetiche. Alcune recenti indagini – tra cui l’operazione “Narkoweb”, meglio descritta nella parte relativa alla provincia di Belluno - hanno evidenziato come nel nord est il mercato della droga si stia diffondendo anche attraverso il “deep web”.  L’immigrazione clandestina è perlopiù appannaggio delle consorterie albanesi e nigeriane, che operano in danno di connazionali, utilizzati anche per la prostituzione e per il lavoro agricolo irregolare. Di particolare importanza per il Veneto è anche il tema riguardante le attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. La regione figura tra le destinazioni dell’immondizia che dal centro-sud del Paese, dove gli impianti di smaltimento risultano insufficienti, viene inviata verso il nord. Nel territorio operano, infatti, diverse aziende private dedite al compostaggio e smaltimento di rifiuti, anche attraverso i termovalorizzatori.  Come sottolineato dall’apposita Commissione parlamentare di inchiesta nel 2016, il Veneto accoglie  composto proveniente da raccolte differenziate di varie regioni, anche del settentrione. La stessa Commissione, nell’analizzare l’infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione dei rifiuti nella regione, ha poi evidenziato come alcuni imprenditori operanti in Veneto avessero, in passato, costituito società con appartenenti alle  cosche reggine,  permettendo alle organizzazioni criminali di inserirsi, con l’utilizzo del metodo mafioso, per l’acquisizione e la gestione degli appalti.   A livello nazionale, il fenomeno dello smaltimento illecito dei rifiuti è stato recentemente oggetto di attenzione a causa di incendi in alcuni capannoni abusivi di raccolta dei rifiuti e in impianti di trattamento e smaltimento. Una modalità  operativa criminale – registrata anche in Veneto – che prevede il ricorso all’utilizzo di strutture industriali, all’apparenza dismesse, riempite di rifiuti e date alle fiamme per abbattere i costi di smaltimento.

Provincia di Venezia  

Il capoluogo di regione è, da tempo, interessato da fenomeni criminali di rilievo nazionale. Già negli anni ’90 la “mala del Brenta” aveva dimostrato come alcuni soggetti erano disposti a fare affari con la criminalità organizzata. Alcuni appartenenti all’organizzazione, scarcerati, si sono stabiliti nel territorio regionale ed in particolare tra le province di Venezia e Padova. Oggi, il ricco tessuto produttivo – caratterizzato da un elevato tasso di industrializzazione e da un importante flusso turistico – esercita ancora una particolare attrattiva per la criminalità organizzata per le opportunità di riciclaggio e reinvestimento che offre.  Come già evidenziato nella scorsa Relazione semestrale, il territorio della provincia rappresenta, specie per la ‘ndrangheta, anche un’occasione per compiere le attività criminali tradizionali, come il traffico di stupefacenti e le estorsioni. 
Con l’operazione  “Ripasso”,  nel marzo 2018 la Guardia di finanza ha arrestato a Venezia 14 persone dedite al traffico internazionale di droga proveniente dal Sud  America, gestito da un “santista” riconducibile al  locale  di Motticella (RC), vicino ai MORABITO di  Africo (RC). Un’ulteriore conferma in tal senso si rinviene nell’operazione “Camaleonte”,  del  marzo 2019, nel cui ambito sono stati tratti in arresto 33 soggetti, componenti di un sodalizio di matrice calabrese operante in Veneto, responsabili di associazione di tipo mafioso finalizzata ai reati di estorsione, violenza, usura, sequestro di persona, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.  Per quanto attiene alla criminalità di origine campana, alcune attività giudiziarie hanno evidenziato gli interessi verso questo territorio del cartello dei CASALESI.  L’operazione “Piano B”,  già  citata, ha rivelato come il  cartello avesse affidato parte del proprio patrimonio ad un intermediario finanziario di Portogruaro. Una più recente attività investigativa, l’operazione  “At Last” conclusa dalla Guardia di finanza il 19 febbraio 2019, ha consentito di rilevare, tra l’altro, che il  clan  dei CASALESI aveva riproposto in Veneto il medesimo “modus operandi” adottato nella regione d’origine per la commissione dei reati di estorsioni, rapine, usura, ricettazione e riciclaggio. Il sodalizio, da una parte manifestava tutto il tipico agire mafioso, con disponibilità di armi da usare all’occorrenza a sostegno delle attività illecite apparentemente non violente, dall’altra riusciva anche ad ottenere da grosse società edili lavori in subappalto, facendo leva sull’appartenenza al  clan. L’esecuzione delle opere avveniva poi attraverso l’utilizzo di società fittizie e con l’impiego nei cantieri di lavoratori  “in nero”. L’indagine ha portato alla luce anche diversi episodi intimidatori del  gruppo  nei confronti di imprenditori, finalizzati a riscuotere le somme richieste dagli emissari del  clan.  Particolarmente significativo il fatto che dalle risultanze investigative è, inoltre, emerso che i soggetti coinvolti più volte abbiano evidenziato, nelle loro comunicazioni, come la strategia vincente per infiltrarsi nella regione fosse quella dell’“immersione” dei propri affari nell’economia legale e come, proprio in questo modo, gli stessi fossero riusciti a crearsi sul territorio un’area di egemonia riconosciuta anche dalle altre consorterie presenti.  Oltre a proiezioni delle  mafie  tradizionali, nel semestre si conferma anche l’azione criminale condotta da sodalizi di origine straniera, in particolare i gruppi nigeriani, impegnati in Veneto principalmente nella commissione di reati connessi al traffico ed allo spaccio di stupefacenti.  Non sono mancate, inoltre, evidenze sulla presenza di gruppi criminali meno strutturati, anch’essi composti da soggetti di origine nordafricana. In proposito, si richiamano i risultati dell’operazione “Piave bis”, conclusa il 28 gennaio 2019 dai Carabinieri, che ha portato all’arresto di 8 tunisini, che si erano associati per gestire lo spaccio di  eroina  in alcune aree di Venezia, approvvigionandosi da due cittadini albanesi.  Un altro gruppo criminale, composto da cittadini tunisini e marocchini, attivo sempre nello spaccio di droga, è stato individuato, sempre dai Carabinieri, a San Donà di Piave, che nel mese di giugno hanno arrestato 6 persone. 

Provincia di Belluno 

La provincia di Belluno, che comprende un territorio a prevalente vocazione agricola e forestale, con aree industriali e turistiche, allo stato non appare interessata dal fenomeno dell’infiltrazione mafiosa.  Le attività connesse al traffico e allo spaccio di stupefacenti sono gestite, anche in questa provincia, soprattutto da gruppi di matrice straniera. È quanto dimostra l’operazione “Il Posto Magico”  della Polizia di Stato, che nel mese di aprile 2019 ha arrestato a Belluno 3 soggetti (del Snegal e Gambia) richiedenti asilo e ospiti presso un centro di accoglienza, che avevano avviato nella zona una attività di spaccio di eroina, cocaina e  marijuana. Una innovativa modalità di approvvigionamento della droga è stata rivelata dall’operazione “Narkoweb” dei Carabinieri, conclusa nel mese di giugno.    Nella circostanza, due italiani e uno straniero, tratti in arresto, gestivano lo spaccio di anfetamine e  marijuana, acquistandole sul “Darkweb”  con  moneta virtuale, per poi rivenderle sulle piazze di spaccio del Capoluogo. 

Provincia di Padova  

Il territorio della provincia di Padova si caratterizza per la presenza dell’interporto, quale snodo di movimentazione e stoccaggio delle merci, negli anni sempre più proiettato, attraverso i collegamenti ferroviari, verso i principali porti nazionali e del Nord Europa.  Un sistema infrastrutturale che alimenta un forte indotto economico, potenzialmente di interesse per le organizzazioni criminali di tipo mafioso. A conferma di questo interesse criminale si richiama la già citata operazione  “Camaleonte”, conclusa nel mese di marzo 2019 dalla Guardia di finanza di Padova, con l’arresto di  33 appartenenti ad un’organizzazione  ‘ndranghetista  operante a Padova, Venezia, Vicenza e Verona, riconducibile alla  cosca  GRANDE  ARACRI. Gli indagati dovranno rispondere di associazione di tipo mafioso, riciclaggio, estorsione ed usura.   Nell’ordinanza di custodia cautelare si legge che i soggetti coinvolti, al fine di estendere in alcune province del Veneto il potere di influenza e di intimidazione di stampo mafioso: “...si insinuavano gradualmente nella realtà economica di alcune imprese mostrando competenza e significativa capacità economica; successivamente, manifestando i reali intenti esplicavano man mano la forza di intimidazione costituita dal farsi accompagnare da guardia spalle, evocare la disponibilità di armi e la contiguità al sodalizio di stampo mafioso cutrese, fino a giungere ad utilizzare la minaccia e la violenza per vincere i rifiuti a volte opposti dagli imprenditori”.  Ed ancora, nell’ambito dell’operazione  “Malapianta”,  del  maggio 2019, meglio approfondita nel paragrafo relativo alla regione Calabria, la Guardia di finanza di Crotone  ha eseguito il fermo di 35 soggetti, tra cui un padovano, procedendo contestualmente al sequestro di beni per 30 milioni di euro. Il gruppo fa capo alle  famiglie MANNOLO e TRAPASSO e vanta ramificazioni operative in Puglia, Lombardia,  Veneto, Emilia Romagna, con proiezioni anche all’estero.  I  proventi illeciti conseguiti dal sodalizio, che agiva in rapporti di dipendenza funzionale dalla  famiglia  GRANDE ARACRI, erano riciclati anche in Veneto nei settori della ristorazione, dell’edilizia e delle stazioni di rifornimento carburante.

Provincia di Rovigo  

Nella provincia non si registrano presenze mafiose. Un fenomeno criminale di rilievo è quello del “caporalato”.  In proposito, si richiama l’operazione dei Carabinieri di Venezia che, il 10 marzo 2019, hanno notificato una misura cautelare che  ha disposto l’interdizione dell’esercizio dell’attività di impresa agricola nei confronti del titolare, di nazionalità marocchina, di un’azienda del rodigino: lo stesso si era reso responsabile di sfruttamento del lavoro e impiego di manodopera clandestina in alcuni fondi agricoli nelle province di Venezia, Padova e Rovigo.  Inoltre, il 14 giugno 2019 la Guardia di finanza di Rovigo ha tratto in arresto,  in  flagranza di reato, un soggetto di origine campana per i reati di estorsione, “caporalato” e indebito uso di carte di pagamento. L’uomo operava nel settore della cantieristica navale. 

Provincia di Treviso  

Grazie alla sua posizione strategica, la provincia di Treviso, che rientra nel sistema aeroportuale di Venezia, rappresenta una realtà economica in continua crescita.  Il territorio non risulta interessato da una pressione criminale evidente o da azioni violente. Di contro, evidenze investigative mettono in risalto il fenomeno del riciclaggio di denaro nell’economia legale.  Nel merito, nel semestre in esame si menziona l’operazione “Il sarto”, con la quale, nel mese di febbraio,  la Guardia di finanza di Treviso ha arrestato un imprenditore cinese per emissione di fatture false, per 12 milioni di euro, sequestrando beni per 2,6 milioni.

 Provincia di Verona  

La posizione sulle grandi linee di comunicazione terrestre che collegano Germania e Italia e l’espansione degli scambi commerciali hanno fortemente contribuito alla crescita dell’Interporto di Verona, classificato tra i primi in Europa in relazione al traffico, al numero degli operatori internazionali insediati, ai servizi offerti e alla dotazione tecnologica.  Attraverso l’Interporto Quadrante Europa,  in  corso di ulteriore espansione, ogni anno transitano merci per oltre 7 milioni di tonnellate su ferrovia e 20 milioni di tonnellate su gomma.  Anche l’aeroporto Catullo di Verona è da tenere in debita considerazione.  Si tratta di un contesto territoriale caratterizzato da un’elevata industrializzazione e da una diffusa imprenditoria, che generano importanti flussi di denaro. Condizioni particolarmente appetibili per le infiltrazioni della criminalità organizzata, con riferimento al riciclaggio  ed all’infiltrazione delle attività imprenditoriali  presenti sul territorio.  Una tendenza che emerge dagli esiti dell’operazione “Terry",  conclusa dai Carabinieri nel mese di febbraio 2019 con l’arresto  di 7 soggetti calabresi - residenti da oltre 30 anni nel veronese ma collegati alla  cosca  GRANDE ARACRI - ritenuti responsabili di estorsioni e minacce nei confronti di imprenditori veneti,  aggravate dal metodo mafioso. Le indagini hanno mostrato, inoltre, la tendenza di alcuni cittadini di rivolgersi volutamente ad esponenti della criminalità calabrese per la risoluzione di questioni private, ed evitare “...il fastidio di rivolgersi alle forze dell’ordine”. Più di recente, la Guardia di finanza di Soave (VR) ha rilevato una frode fiscale, nell’ambito dell’operazione “Corporate Viel”,  realizzata nell’est veronese da un  gruppo  capeggiato da 3 soggetti di origine calabrese, già coinvolti in fatti analoghi.  A  beneficiare delle fatture false erano 12 aziende che operavano nei settori dell’edilizia, della carpenteria metallica e della lavorazione delle pelli. L’attività si è conclusa nel mese di aprile, tra l’altro, con il sequestro di beni del valore di oltre 2,7 milioni di euro, riconducibili agli indagati. 
Sempre in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose nell’economia, da evidenziare che nel semestre la Prefettura di Verona ha emesso una interdittiva antimafia nei confronti di un’azienda nel settore della ristorazione e della ricezione alberghiera, vicina a consorterie malavitose.  Passando al narcotraffico, nel semestre si sono avute importanti conferme investigative circa gli interessi della criminalità organizzata.  L’operazione “Maestrale 2017”, conclusa nel mese di maggio 2019 dai Carabinieri di Verona e Bari, ha evidenziato l’operatività, nel settore, della criminalità organizzata pugliese.  L’inchiesta ha portato all’arresto di 19 soggetti  (10  nel capoluogo scaligero e 9 tra le province di Bari e Barletta), responsabili di associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni. L’operazione, definita dal Procuratore distrettuale antimafia di Venezia il riscontro “...per la prima volta in Veneto della presenza di un’associazione con radici nella camorra barese, con ulteriore tipo di infiltrazione, stavolta nel Veronese”,  ha permesso di smantellare una ”cellula” mafiosa riconducibile al  clan  pugliese dei DI COSOLA, attivo nella regione Veneto nell’ambito del  traffico di  cocaina  e  marijuana, approvvigionate nella città di Bari, per essere successivamente destinate alle piazze di spaccio di Verona. L’indagine ha ricostruito anche una serie di episodi estorsivi consumati, ai danni di un piccolo imprenditore, dal capo del gruppo criminale, il quale si era presentato “...come esponente di spicco di un sodalizio criminale direttamente collegato alla malavita pugliese, consapevole del fatto che la vittima (proveniente dal medesimo contesto socio–territoriale) fosse in grado di comprendere appieno la reale pericolosità di tali compagini”.  Un settore che vede spesso coinvolti anche cittadini stranieri. La Polizia di Stato di Verona, nel mese di febbraio 2019, ha intercettato un cittadino della Romania nei confronti del quale pendeva un mandato d’arresto emesso dall’Autorità Giudiziaria di quel Paese,  in  quanto componente di un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di stupefacenti dal Sud  America. Il successivo  mese di aprile, la Guardia di finanza ha dato esecuzione a 6 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti (2 di nazionalità italiana e 4 di origine marocchina) per detenzione e spaccio di  cocaina  e  marijuana. Come si legge dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere “...  la sostanza stupefacente veniva occultata nel terreno posto in luoghi isolati, per essere poi prelevata soltanto in occasione delle varie consegne concordate con i clienti”. E, sempre nel contrasto al narcotraffico, ma praticato da cittadini nigeriani, si segnala l’operazione della Guardia di finanza di Verona del mese di giugno, che ha condotto all’arresto, in flagranza di reato, presso l’aeroporto Catullo, di quattro “corrieri ovulatori” di origine nigeriana (tra cui una giovane donna). Provenienti da Francoforte e Monaco di Baviera,  gli stessi trasportavano droga in 350 ovuli, per circa 2 kg di  eroina  e 1 kg di  cocaina. Tra le attività di indagine riferibili all’immigrazione irregolare, praticata principalmente dalla criminalità albanese, si cita l’operazione “Swapping”,  del mese di gennaio 2019,  condotta dalla Polizia di Stato di Verona in collaborazione con l’Interpol e la Polizia albanese.  A seguito dell’indagine sono stati arrestati, a Lezha (Albania), 3 cittadini albanesi destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP  del Tribunale di Venezia nel 2016,  permettendo così di smantellare un sodalizio che favoriva l’ingresso in Italia di migranti albanesi, per poi farli emigrare clandestinamente verso il Regno Unito. Un cenno particolare meritano, infine, le attività criminali che ruotano attorno alle attività agricole e al lavoro stagionale che coinvolgono migliaia di persone, tra le quali molti stranieri (cd. fenomeno del “caporalato”).  Al riguardo tra le operazioni di maggior rilievo si menziona quella conclusa dalla Guardia di finanza di Soave (VR), che l’11 febbraio 2019 ha individuato 122 lavoratori che venivano sfruttati da un uomo di origine magrebina, già sottoposto a misura cautelare nell’aprile 2018. Il predetto, in qualità di legale rappresentante di cinque società agricole operanti nel Veronese, sfruttava i suoi connazionali e altri braccianti agricoli di diverse nazionalità.

Provincia di Vicenza  

La provincia di Vicenza è stata interessata da due importanti indagini (operazioni “Camaleonte”  e “Terry”) - descritte in modo più ampio rispettivamente nei paragrafi dedicati alle province di Padova e di Verona - che hanno fatto emergere, anche su questo territorio, l’operatività di sodalizi  ’ndranghetisti  legati alla  cosca  GRANDE ARACRI.  Sempre nell’ambito della criminalità organizzata calabrese,  si segnala l’operazione  “Default”  del maggio  2019, con la quale la Guardia di finanza di Reggio Calabria ha dato esecuzione a due misure restrittive nei confronti di un uomo e una donna. Contestualmente, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso a carico di ulteriori 4 indagati, che ha colpito un complesso di beni, ubicati nelle province di Reggio Calabria, Siena, Milano, Roma, Catania e Vicenza, il cui valore è stato stimato in circa 5 milioni di euro. 

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