É partito il progetto I-Can contro la 'Ndrangheta

Il 24 giugno è partito, con una videoconferenza, il primo incontro del progetto I-Can (Interpol Cooperation against ‘Ndrangheta) , presentato il 30 gennaio scorso a Reggio Calabria. Il programma, ideato dall’Italia insieme a Interpol, durerà tre anni con lo scopo di un attacco globale alla ‘Ndrangheta.
Alle 14, ore italiane, i vertici delle Forze di polizia di 10 Paesi del mondo si sono collegati per dare il via al progetto. I lavori sono stati aperti dagli interventi di Stephen Kavanagh, direttore esecutivo servizi di Polizia Interpol e di Jürgen Stock, segretario generale dell’Interpol.
A Roma, nella sala riunioni della Direzione centrale della polizia criminale, dopo l'indirizzo di saluto del capo della Polizia Franco Gabrielli e gli interventi del comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Giovanni Nistri, e del comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, il vice capo della Polizia Vittorio Rizzi ha illustrato il progetto.
I-can videoconferenza
Nel suo intervento il prefetto Gabrielli  ha sottolineato “Abbiamo deciso di investire sulla cooperazione multilaterale di polizia per arricchire i nostri, sia pur consolidati ed efficaci rapporti bilaterali, scegliendo la più grande Agenzia internazionale di polizia, quale Interpol, perché siamo convinti dell’effetto moltiplicatore sulla sicurezza delle informazioni di polizia condivise tra quei Paesi più esposti al rischio ‘Ndrangheta, che come una piovra si insinua silente nei nostri tessuti sociali ed economici.” 
Il capo della Polizia ha poi proseguito “Il Covid-19, che per il mondo intero rappresenta la più tragica ed improvvisa pandemia dell’era moderna, per la ‘Ndrangheta potrebbe diventare una straordinaria occasione per acquisire nuove aree di mercato e riciclare denaro sporco. Nel post-emergenza la minaccia mafiosa potrebbe esplodere con una forza inedita: l’onda d’urto della massa di capitali sporchi della ‘Ndrangheta potrebbe finanziare la crisi di liquidità delle grandi aziende, ma anche delle piccole e medie imprese, che a causa del lockdown e della conseguente recessione economica potrebbero non essere in grado di far fronte ai propri pagamenti. Il rischio concreto è che la ‘Ndrangheta sfrutti il momento di difficoltà per insinuarsi nelle gare pubbliche e nelle compagini societarie, così che al termine dell’emergenza potrebbe aver inquinato tutti i settori economici, controllando imprese in precedenza sane”.
Dal punto di vista operativo, il vice capo della Polizia, Vittorio Rizzi, ha illustrato i tre pilastri su cui si fonda il progetto: “La realizzazione di un programma di consapevolezza globale per colmare la mancanza di notizie di dettaglio sul metodo di infiltrazione della ‘Ndrangheta; l’utilizzo e lo sviluppo delle più moderne tecnologie per l’analisi operativa, anche di natura predittiva; la realizzazione di attività operative coordinate volte all’arresto di latitanti ed al sequestro ed alla confisca dei beni illecitamente acquisiti”.
A seguire sono intervenuti i rappresentanti di Australia, Canada, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Colombia, Uruguay, Francia, Germania e Svizzera.
A conclusione dell’incontro è intervenuto il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho.
L’inizio del progetto era fissato per la fine di marzo ma è stato bloccato a causa della pandemia da Covid-19. Nel periodo di lockdown i Paesi membri hanno continuato a lavorare su tutti gli aspetti organizzativi del progetto che ha come obiettivi la cattura dei latitanti e la confisca dei patrimoni illeciti.

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