La criminalità nigeriana ha esportato in Italia i modelli organizzativi sviluppati in Nigeria a seguito dell’evoluzione criminale delle confraternite universitarie, note come cults (ad esempio EIYE, BLACK AXE, VIKING, MAPHITE). Si tratta di gruppi etnici criminali diffusi su gran parte del territorio nazionale, spesso presenti nelle comunità di immigrati nigeriani in Italia, dove operano in maniera più o meno incisiva. Le loro attività sono molteplici e spaziano dal traffico di droga, allo sfruttamento della prostituzione, alla tratta di esseri umani, dall’immigrazione clandestina fino alle frodi informatiche e al riciclaggio di denaro. Questi gruppi ricorrono frequentemente a sistemi di pagamento informali, estranei ai circuiti finanziari legali, che li rendono difficili da tracciare. Le indagini delle Forze di Polizia hanno evidenziato che i profitti generati da queste attività illecite vengono frequentemente trasferiti in Nigeria attraverso varie modalità.
In diverse occasioni, sono emersi indizi di collaborazione tra criminali nigeriani e gruppi mafiosi italiani, sebbene tali rapporti sembrino limitarsi a collaborazioni sporadiche e non dimostrino l’esistenza di legami stabili tra i due gruppi.
Queste organizzazioni presentano caratteristiche tipiche delle mafie autoctone, come il controllo capillare del territorio, l’omertà e un forte senso di appartenenza. La loro struttura è multilivello: mentre alcuni membri svolgono ruoli di base, come lo spaccio al dettaglio, altri operano con maggiore autonomia, rispondendo comunque a un’organizzazione centrale allocata presso il territorio di origine. I cosiddetti secret cults, caratterizzati da gerarchie rigide, strutture paramilitari, rituali di affiliazione e codici comportamentali, conferiscono a queste consorterie un livello organizzativo e una pericolosità elevata, tanto da essere spesso riconosciute come mafiose dalla giurisprudenza italiana. Tuttavia, in alcuni casi, le accuse di associazione mafiosa non trovano conferma nei vari gradi di giudizio. Ad esempio, una recente sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha assolto 4 membri della BLACK AXE dall’accusa di associazione mafiosa (art. 416 bis c.p.) per insufficienza e contraddittorietà delle prove.
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