TOSCANA DIA RELAZIONE 2018 2° SEMESTRE


— TOSCANA

L’analisi della realtà criminale della regione non può prescindere da una valutazione sulle condizioni ambientali che potrebbero rappresentare per le organizzazioni mafiose un’attrattiva e un’occasione per tentare d’infiltrarne l’economia legale. Pur non essendo annoverata tra le aree a tradizionale presenza mafiosa, la Toscana costituisce un potenziale territorio di “espansione” per le mire criminali, ove reinvestire i capitali di provenienza illecita. A fronte della scarsa ricorrenza di manifestazioni cruente, in questo ambito territoriale emerge l’elevata capacità della criminalità organizzata ad agire sottotraccia, favorita, se del caso, dal supporto di qualificati professionisti locali, quali imprenditori, ma anche notai e commercialisti. Si assiste ad un apparente decremento della presenza di soggetti riconducibili a  Cosa nostra, la cui influenza si fonda su forme o tentativi di condizionamento dell’azione pubblica (funzionali soprattutto al controllo degli appalti pubblici) e dell’economica legale, più che sul tradizionale “controllo del territorio”, avvalendosi, come già detto, di figure professionali dotate di competenze specifiche in campo finanziario e tributario.  Analoga flessione emerge anche per la  sacra corona unita, mentre  camorra  e ‘ndrangheta  confermano un consolidamento organizzativo. L’analisi ha restituito segnali anche di una consolidata presenza di gruppi criminali stranieri, cinesi in particolare ma anche albanesi, romeni e centro/nordafricani, che operano, con metodologia assimilabile a quella delle organizzazioni di stampo mafioso, a volte in collaborazione con soggetti criminali di nazionalità italiana. Altri elementi di valutazione possono essere estrapolati dalla lettura dei dati, riferiti alla Toscana, resi noti dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Allo stato attuale, sono in corso le procedure per la gestione di ben 367 immobili confiscati, mentre altri 135 sono già stati destinati. Risultano, inoltre in corso le procedure per la gestione di 50 aziende, mentre 2 sono state già destinate.  Alberghi, ristoranti, attività immobiliari, commercio all’ingrosso, costruzioni, attività manifatturiere ed edili, terreni agricoli, appartamenti, ville, fabbricati industriali, negozi, sono solo alcune tra le tipologie di beni sottratti alle mafie in Toscana, concentrati, seguendo un ordine quantitativo decrescente, nelle province di Lucca,  Arezzo, Pisa, Livorno, Pistoia, Prato, Firenze, Siena, Massa Carrara e Grosseto. - Provincia di Firenze e restante territorio regionale A Firenze e nel resto della Toscana, i  sodalizi  calabresi hanno consolidato  la tendenza a diversificare gli investimenti, dimostrando attitudini imprenditoriali in diversi settori, oltre alla capacità di adattamento ai variegati contesti socio-economici, anche mediante condotte collusive. È verosimile ritenere che elementi contigui alle famiglie ‘ndranghetiste  possano facilmente riuscire ad inserirsi in società commerciali e finanziarie, grazie alla disponibilità di consistenti capitali illeciti. La riprova di questa tendenza è data sia dall’attività di aggressione ai patrimoni svolta nel semestre dalla DIA, sia dai provvedimenti interdittivi antimafia adottati dalle Prefetture toscane. Nel mese di luglio, beni per un valore di 2 milioni di euro sono stati confiscati dalla DIA  ad un imprenditore calabrese,  attivo da molti anni a Firenze nel settore della ristorazione, legato alle  cosche  reggine. Su proposta del Direttore delle DIA, inoltre, nel mese di dicembre è stato sequestrato,  a  Prato e nella provincia di Reggio Emilia, un patrimonio del valore di oltre un milione di euro nella disponibilità di un imprenditore di origini crotonesi, noto esponente della  ’ndrangheta  in Emilia Romagna. L’attività di analisi svolta dalla Prefettura di Prato, con il contributo della DIA  di Firenze, ha consentito, inoltre, di intervenire nei confronti di due aziende aggiudicatarie di appalti pubblici in Toscana, nell’ambito della ristorazione e della gestione delle mense di enti pubblici e privati. Il 20 luglio 2018, il Prefetto ha emesso un provvedimento interdittivo antimafia nei confronti di una società di Firenze, operativa anche in altre regioni, per i collegamenti tra l’amministratore unico della società e le  cosche  ARENA  e NICOSCIA  di Isola di Capo Rizzuto (KR). Un ulteriore provvedimento è stato adottato, il successivo 2 novembre, dalla stessa Prefettura nei confronti di una società del posto, impegnata nella ristorazione e nella fornitura pasti per enti pubblici, in quanto partecipata da una società già interdetta. Da rilevare anche che, sempre nel mese di luglio 2018, a Vecchiano (PI), nella frazione di Migliarino, la Polizia di Stato ha sorpreso e arrestato un latitante della  cosca  MORABITO di  Africo (RC). Come accennato, nel semestre non si sono registrate evidenze in merito ad attività criminali condotte da consorterie riconducibili alla mafia siciliana in Toscana, sebbene si continui a registrare la presenza di soggetti affiliati o comunque ad essa ritenuti vicini.  Se  da un lato la percezione della presenza criminale siciliana nella regione risulta, negli ultimi tempi, diminuita rispetto alle  espressioni  mafiose  calabresi e campane, dall’altro non bisogna sottovalutare la tendenza delle proiezioni isolane a mantenere un basso profilo fuori dai territori di elezione. Tale atteggiamento è spesso funzionale al reinvestimento dei capitali illeciti, realizzato attraverso il supporto di figure professionali capaci di padroneggiare il complesso sistema finanziario e tributario. Sotto questo aspetto, i sodalizi siciliani tendono ad implementare i propri canali relazionali, avvalendosi della collaborazione di un’“area grigia”, fatta di imprenditori e professionisti che, per varie motivazioni, si lasciano avvicinare o addirittura si rivolgono alla criminalità organizzata per rafforzare i propri affari. Già nel semestre precedente, nel mese di marzo 2018, due fratelli palermitani, effettivi proprietari di una nota pasticceria nel centro storico di Firenze, gestita attraverso vari prestanome, erano stati arrestati  per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.  La  fittizia intestazione della titolarità dell’attività, sottoposta a sequestro preventivo il successivo 12 giugno 2018, aveva lo scopo di schermare la reale proprietà ed eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione, essendo i due fratelli pluripregiudicati per gravi reati. L’interesse dei personaggi in vario modo riconducibili ai  sodalizi  mafiosi siciliani nell’area toscana è stato diretto, anche all’acquisizione, nel tempo, di fondi e tenute agricole di valore, sempre per reinvestire e riciclare capitali illeciti. Le proiezioni criminali di matrice camorristica  nella regione risultano distribuite in maniera eterogenea sul territorio, con maggiore concentrazione sulla fascia costiera, in particolare nelle province di Grosseto (nell’alta Maremma) e di Lucca (in Versilia), con la presenza di soggetti legati al  clan  dei CASALESI, nonché nella provincia di Prato. Nell’operare fuori area, anche i  clan  campani evitano la commissione di azioni in grado di attirare l’attenzione delle istituzioni e mediatica. In qualche caso, tuttavia, tendono a ricostruire vere e proprie strutture operative in grado di mettere in atto condotte estorsive tipiche dell’agire camorristico,  con  i proventi che vengono così reimpiegati in attività economiche del posto. Ancora nella provincia di Massa Carrara, riscontri investigativi più recenti hanno rilevato analoghe condotte estorsive, operate questa volta in sinergia fra esponenti di  camorra  e sodali della ‘ndrangheta. È quanto emerge dall’operazione “Drago”  sviluppata nei confronti di una organizzazione criminale, radicata sul territorio apuano, dedita alla commissione di estorsioni, con l’aggravante del metodo mafioso e alla falsificazione di banconote e titoli di credito. Tra i 7 arrestati, 2 risultano vicini alla  camorra  e uno alla  ‘ndrangheta. I risultati investigativi hanno evidenziato la particolare dimestichezza nel portare a compimento i reati e l’elevatissima capacità organizzativa degli indagati  “in grado di muovere anche altri soggetti, siano essi criminali già affermati, ovvero con esponenti di spicco della ‘ndrangheta, ovvero cittadini incensurati”. Ai tradizionali sistemi di aggressione del tessuto economico-sociale, come le estorsioni e l’usura, i  clan  camorristici hanno affiancato anche il ricorso a modalità di “supporto” alle imprese in difficoltà, proponendo finanziamenti, manodopera in nero, forniture di materie prime, ecc., con l’obiettivo finale di subentrare nella gestione e acquisirle. Gli esiti dell’inchiesta  “Monteregio”,  conclusa l’8 novembre 2018, hanno evidenziato la presenza, nel comprensorio maremmano della provincia di Grosseto, di attività economiche riconducibili a soggetti legati al  gruppo ORLANDO di Marano di Napoli (NA). È emerso, in particolare, il ruolo di un arrestato,  fratello del capo  clan, che aveva favorito gli investimenti nel settore edile e immobiliare con i proventi illeciti del gruppo, avvalendosi delle artificiose tecniche di riciclaggio  del  denaro sporco. Un’ulteriore indicazione si ricava dalla lettura della revoca dell’iscrizione nella  white list  di un’impresa con sede nella provincia di Grosseto, attiva nel settore del trasporto materiali in discarica e dei noli a freddo, il cui rappresentante legale, nonché titolare di altre ditte sottoposte a sequestro preventivo, è stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Ghost Tender” del marzo 2018. Le organizzazioni criminali straniere presenti in Toscana risultano dedite, per lo più, al traffico di sostanze stupefacenti,  al  commercio di merci contraffatte e allo sfruttamento della prostituzione. In  alcuni  casi, la loro azione si sviluppa con le modalità tipiche delle organizzazioni mafiose. La criminalità cinese continua a rappresentare il fenomeno più pervasivo sia per la particolare compattezza della comunità, che per la capacità di penetrare il tessuto economico regionale, specialmente nella filiera del tessileabbigliamento,  che  da Prato si estende nelle due province limitrofe di Firenze (con particolare riferimento al Comune di Sesto Fiorentino e all’area produttiva dell’Osmannoro) e Pistoia. La proliferazione, in particolare, di laboratori cinesi per il confezionamento di capi d’abbigliamento ha avuto inevitabili ricadute sull’economia locale, che ha patito un’azione concorrenziale falsata dal sistematico ricorso, da parte di queste aziende straniere, al  lavoro  nero, alla pratica della contraffazione dei marchi, alle violazioni del Made in Italy  ed all’utilizzo di manodopera clandestina.  A  ciò si aggiunga il ricorso al sistema collaudato di partite Iva cosiddette “apri e chiudi” intestate a prestanome, e ad una rete illecita di  money transfer  che spesso lasciano trasparire ipotesi di riciclaggio e reimpiego di capitali. Numerose, in proposito, sono le  segnalazioni per operazioni sospette  che, nel tempo, hanno corroborato le attività investigative. La connotazione “mafiosa” delle associazioni criminali cinesi, conseguente alle pratiche di assoggettamento e costrizioni intimidatorie nei confronti dei lavoratori, è tuttavia ancora oggi difficile da dimostrare in sede processuale, in ragione dell’impermeabilità tipica di queste comunità e della conseguente omertà. Sotto questo profilo rilevano anche le importanti risultanze dell’inchiesta “Pietra Filosofale”, eseguita  nel  mese di dicembre 2018 dalla Guardia di finanza di Bologna che ha disarticolato, tra Prato, Pisa,  Arezzo e Bologna, un’associazione criminale capeggiata da un cittadino turco per il riciclaggio dei proventi illeciti derivanti da elusione fiscale. In particolare, il soggetto ripuliva i proventi illeciti accumulati dagli imprenditori cinesi di Prato, con i quali, prima di recarsi in Turchia, acquistava l’oro da compiacenti imprenditori dell’aretino. L’oro veniva poi rivenduto nei mercati ufficiali ed i ricavi ottenuti, attraverso una complessa trama di bonifici “estero su estero”, finivano su conti dei committenti cinesi. Nei traffici di stupefacenti, anche a livello internazionale, si riscontra, l’azione di gruppi albanesi  e, in  modo residuale, di romeni, in particolare per la cocaina e l’eroina. Per lo smercio di  hashish  si conferma l’operatività di tunisini e, in alcune aree, di nigeriani  e marocchini, impegnati soprattutto nello spaccio al minuto. Indagini recenti hanno, peraltro, evidenziato proficue forme di collaborazione multietnica tese proprio ad organizzare traffici di droga. Significativa al riguardo l’operazione  “Sottobosco”  del  mese di luglio, grazie alla quale è stata disarticolata un’associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, capeggiata da un cittadino marocchino che operava in collaborazione con cittadini albanesi, i quali, a loro volta, curavano l’approvvigionamento di ingenti quantitativi di droga dall’Olanda,  servendosi di corrieri. Le sostanze stupefacenti venivano poi immesse sui mercati toscani ed emiliano-romagnoli. La criminalità organizzata albanese continua a ricavare importanti proventi illeciti anche dallo sfruttamento della prostituzione, attuata in forma organizzata, talvolta in collaborazione con organizzazioni romene o nigeriane, spesso riducendo le donne in condizione di schiavitù. La presenza in Toscana di soggetti provenienti dal centro/nord  Africa è ormai radicata da anni. Nel semestre in esame è stata confermata l’operatività di elementi appartenenti ad organizzazioni criminali di origine sia  maghrebina  (provenienti dal Marocco,  dalla Tunisia, dall’Algeria) che nigeriana nello spaccio di sostanze stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione. Proprio i soggetti di origine nigeriana risultano particolarmente attivi nello smercio degli stupefacenti nel capoluogo toscano e nel pistoiese. La Toscana continua a essere un polo di attrazione anche per i gruppi etnici provenienti dai Paesi dell’ex  Unione Sovietica, in particolare ucraini, moldavi e georgiani, che risultano attivi prevalentemente nella commissione di reati di natura predatoria.

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