VERSO IL 35° VERTICE ANTIMAFIA: Dark Web Analisi delle dinamiche criminologiche e dell’impatto sociologico dei nuovi mercati illeciti
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Dark Web
Analisi delle dinamiche criminologiche e dell’impatto sociologico dei nuovi mercati illeciti
di Claudio Loiodice
Non ci si può aspettare nulla di buono dall’oscurità, gli esseri umani si rifugiano tra le tenebre quando hanno qualcosa da nascondere. Già nella Bibbia veniva stabilito questo concetto: “...la luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie”.
Se interpretiamo metaforicamente la “luce” come quel progresso tecnologico irreversibile che ci ha portato a vivere in una società liquida — secondo Bauman — nella quale esprimere con facilità le nostre necessità di socializzazione, comprese quelle economiche, allora possiamo capire anche il suo aspetto negativo.
Per compiere le proprie opere malvagie , gli esseri umani hanno costruito, accanto al web visibile, uno spazio tenebroso, nascosto alla luce.
Quel luogo è il Dark Web.
Senza entrare nel merito tecnico, bisogna innanzitutto capire di cosa stiamo parlando e per farlo dobbiamo prima comprendere alcune differenze tra le reti di connessione chiamate genericamente “connessioni internet”.
In realtà con Internet si intende l’intera infrastruttura elettronica e multifunzionale a livello globale. Essa si divide in diversi spazi e sottospazi.
La stragrande maggioranza della rete globale, chiamata Deep Web, circa il 90–95%, non è indicizzata; in parole povere, non è accessibile attraverso i motori di ricerca comuni. Solo il restante 4–5%, chiamato Surface Web, è quello spazio cibernetico a cui comunemente tutti noi possiamo accedere attraverso i motori di ricerca. Infine, meno dell’1% del Deep Web è occupato dal Dark Web.
Questo spazio, in termini assoluti, non è illegale, ma la sua natura “tenebrosa” lo rende un perfetto ambiente criminogeno.
Il suo utilizzo, anche se per una parte molto residuale, può avere effetti positivi, come vedremo dopo; tuttavia, le sue caratteristiche — l’anonimato dell’utente e della sua posizione, l’offuscamento del percorso dei dati, l’assenza di indicizzazione e i server non accessibili e nascosti — agevolano e alimentano soprattutto attività criminali.
Gli usi considerati legittimi del Dark Web possono invece dare protezione alle comunicazioni di attivisti per i diritti umani in Paesi autoritari, agevolare il giornalismo investigativo e proteggere i whistleblower.
Purtroppo, a fruire di questo incredibile quanto pericoloso mezzo sono i trafficanti di droga, di armi e di falsi documenti, i commercianti di dati sensibili trafugati, i circuiti di immagini pedopornografiche, i gruppi attivi nel traffico di esseri umani — anche a scopo sessuale — nonché le reti di riciclaggio internazionale, soprattutto attraverso le criptovalute e le opere d’arte.
In un rapporto delle Nazioni Unite del 2021 è stimato che oltre 300 milioni di dollari l’anno di transazioni, relative al traffico di droghe, avviene attraverso il Dark Web, valore quadruplicato dal 2017.
Secondo alcune fonti, nel 2024 gli darknet hanno generato oltre 1,7 miliardi di dollari in transazioni con l’utilizzo delle criptovalute.
Su circa 139 mila inserzioni, il 68% (95 mila) riguardava droghe. Una recente operazione dell’Europol ha evidenziato che solo due piattaforme, poi smantellate, avevano fidelizzato in poco tempo oltre dieci milioni di utenti.
Sempre Europol, nell’ultimo rapporto annuale, ha stabilito che quasi tutte le organizzazioni criminali utilizzano mezzi digitali per aumentare le loro capacità e la loro efficienza, mantenendo l’anonimato.
Il mercato generato dalle sole attività criminali scoperte, produceva entrate illecite di quasi 7 milioni di dollari al giorno, solo per le transazioni online sul Dark Web, per un totale di circa 2,5 miliardi di dollari l’anno.
Si deve tener conto, però, che le attività di contrasto — e quindi la fonte dei dati — riguardano solamente due dei 30 mila siti attivi stimati fino a quest’anno, di cui circa il 55% utilizzato a scopo criminale.
Se proiettiamo, in proporzione, tali ricavi illeciti sugli oltre 15 mila profili commerciali criminali, anche ipotizzando un ricavo medio giornaliero non di 7 milioni ma dell’1% di tale valore, quindi 70 mila dollari al giorno, le cifre diventano comunque impressionanti. Infatti, 70 mila dollari al giorno moltiplicati per 15 mila profili, producono un totale di 1,05 miliardi di dollari al giorno.
Su base annua, questa stima porterebbe a un valore potenziale di circa 383 miliardi di dollari l’anno.
Le frodi finanziarie sono oltre il 34% del totale delle attività del Dark Web.
Solo nel 2022, i dati di oltre 100 milioni di carte di credito sono stati compromessi, divulgati e venduti illegalmente.
I dati relativi alla commercializzazione delle droghe attraverso il Dark Web indicano un volume di oltre 1,7 miliardi di dollari di scambio tramite criptovalute, con una crescita annuale superiore al 20%.
Il Global Organized Crime Index, nel suo ultimo rapporto ci offre anche un indice di tendenza dell’aumento della commercializzazione delle varie sostanze stupefacenti. Sono dati sostanzialmente simili.
L’aumento più significativo si registra per la cannabis e i suoi derivati che supera il 5%, seguono le droghe sintetiche, appena sotto il 5%, la cocaina, di poco superiore al 4,5% e infine il traffico di eroina, all’incirca il 4%.
Come ogni strumento della società “liquida”, il Dark Web riesce ad espandere i mercati criminali anche nelle zone rurali dove, grazie ai mercati digitali, vengono agevolati i commerci criminali, che pertanto influenzano negativamente i modelli sociali di consumo in aree altrimenti difficilmente raggiungibili dai commerci tradizionali.
Ai consumatori o ad altra tipologia di clientela, interessata ad esempio al mercato illegale delle armi, o delle opere d’arte, basta una connessione alla rete per potersi collegare con i trafficanti di tutto il mondo, eliminando le distanze tra acquirente e “commerciante”, prima vincolate dalla distanza e dalla disponibilità a livello locale.
È stato evidenziato come, “grazie” al Dark Web, siano aumentati i consumatori di anfetamine e sostanze psichedeliche in aree lontane dai grandi centri urbani.
Questo strumento “oscuro” e mimetizzato ha quindi trasformato le metodologie del commercio dei prodotti illegali, come le droghe o i prodotti il cui commercio è regolarizzato; mi riferisco alle armi o ai medicinali.
È stato anche registrato come questo tipo di transazioni, attraverso le reti Dark Web, spingono l’acquirente ad acquistare grandi quantità di prodotti illegali.
Il 38% circa delle vendite ha una media di spesa tra i 100 e i 500 dollari, il 31,9% di oltre 1000 dollari, mentre meno del 19% quelle inferiori a 100 dollari.
Secondo lo studio, la maggior parte delle vendite nel darknet nel 2023 rientrava nella categoria del “grande retail” (100–499 dollari), con il 37,8%, seguita dagli acquisti “potenzialmente all’ingrosso” (oltre mille dollari) con il 31,9%.
Le vendite “small retail” rappresentavano solo il 18,9%, mentre l’11,4% è costituito dallo scambio definito di “social supply”.
In criminologia questo tipo di scambio di sostanze stupefacenti o di altri prodotti illegali è riferito a scambio di piccole quantità di droga tra membri della stessa rete sociale, tra amici e senza scopo di lucro.
Un salto di quantità di scambi in ambiente digitale e quindi “dark”, si è avuto durante il lockdown pandemico, che ha spinto venditori ed acquirenti a passare su piazze virtuali.
La necessità di reperire sostanze illegali in “rete”, ha anche esposto il consumatore ad altri rischi come l’esposizione a frodi informatiche, ma anche a pericolose assunzioni incontrollate di sostanze di per sé già nocive, che se assunte in maniera incontrollata, da parte di utenti non particolarmente esperti, possono aggravare i danni per la salute.
L’utente digitale preferisce correre i rischi che ho appena elencato, ritenendoli minori rispetto a quelli derivanti dallo spaccio per strada, o da quello di incorrere in violenze fisiche, intrinseche in tale contesto criminogeno.
Gli hub più attivi nella distribuzione delle droghe via web sono geograficamente collocati negli USA, nel nord e nell’ovest Europa e in Russia.
In Russia, in particolare, è stata registrata una diffusione delle transazioni anonime per il consumo di droghe molto elevata, che sfiora l’86%.
Il conflitto bellico in corso ha certamente spostato le attenzioni del contrasto dalle attività criminali, alle attività di controspionaggio e antiterrorismo, rendendo meno pericoloso per i criminali l’accesso al lato oscuro del web.
È quindi ragionevole pensare che il Dark Web venga ora utilizzato anche a scopi bellici, come si evidenziato dai frequenti e recenti cyber attacchi a strutture informatiche del nemico.
In America Latina e in zone di coltivazione di piante come il papavero da oppio, gli arbusti della coca, o le piantagioni di cannabis, ma anche di estrazione di sostanze naturali allucinogene, sono proporzionalmente ed in maniera esponenziale aumentati i flussi del commercio attraverso il Dark Web, rendendo il fenomeno ancora più preoccupante.
Il contrasto alle attività illegali maturate sul Dark Web è molto difficile a causa della fluidità e la molteplicità delle piattaforme disponibili, pertanto, in caso di chiusura di un portale, l’utente può facilmente migrare su un altro o altro ancora e così via.
Ritengo che non siano al momento sufficienti le risorse impegnate e che, anche in visione strategico-militare, sia necessario aumentarle di molto, oserei dire senza badare a spese, dato che si tratta di spostare l’asse di contrasto da un ambito fisico, quello della strada, ad un ambiente metafisico, come quello della trasmissione dei dati.
Inoltre, una nuova e tecnologicamente avanzata tattica delle investigazioni, potrebbe portare ad incamerare molte risorse economiche, sufficienti, credo, ad autofinanziare così le attività di contrasto.
Il riciclaggio internazionale, come ho già molte volte sostenuto, equivale al 10% dei ricavi delle attività globali criminali, quindi 1500 miliardi annui su 15 mila miliardi totali.
Non dobbiamo pensare solo ad attività criminali che riguardano spesso fasce della società marginali, come i consumatori di sostanze, ma a quella grossa fetta che sono i crimini economici, a partire dall’evasione fiscale o della dolosa elusione.
Questi comportamenti criminosi, che chiamiamo dei “colletti bianchi”, hanno un ruolo fondamentalmente deleterio per la società, in quanto sottraggono alle casse dello Stato enormi risorse, incidendo negativamente sulle spese di pubblica utilità, come la sanità, la sicurezza e il welfare, solo per fare alcuni esempi.
In Italia si calcola un’evasione fiscale tra i 70 e i 100 miliardi all’anno. Molto probabilmente solo una parte di queste risorse sottratte alle casse dello Stato poi transitano attraverso il Dark Web, ma il pericolo che uno strumento così potente e relativamente di facile fruizione, possa favorire un incremento dell’investimento dei capitali illecitamente ricavati, è molto concreto. Un altro fattore di rischio, analizzando i rapporti di Europol, sta nell’incremento dei dati rubati e degli accessi illeciti alle reti.
Il Dark Web consente a chiunque di acquistare in rete e in totale anonimato pacchetti di intrusione illecita nei sistemi informatici, per la sottrazione di dati sensibili e credenziali di accesso a conti correnti o strutture informatiche intranet e inoculare malware, o utilizzare servizi di phishing e ransomware.
Attraverso il lato oscuro del web si sviluppano anche, come abbiamo detto, le perversioni più becere, come lo scambio di materiale pedopornografico (CSAM - Child Sexual Abuse Material), che coinvolge milioni di utenti.
Il fenomeno si amplifica con la diffusione, anche fuori dal Dark Web, delle piattaforme cosiddette “end to end”, dove convergono sia il Dark web che piattaforme social, considerate in maniera molto leggera e a mio avviso criminologicamente pericolose, per l’impatto che hanno specialmente sugli utenti minorenni, “legittime”.
Un rapporto delle Nazioni Unite (UNODC) dell’anno scorso, evidenzia come diversi servizi incubati nel Dark Web, per avere una diffusione maggiore si siano spostati su social come Telegram, ad esempio, dove si possono reperire, anche in forma anonima, dati rubati. Inoltre, attraverso servizi di criptovalute non autorizzati, anche strumenti e forme di riciclaggio.
Alcune fonti dichiarano che nella sola Asia sudorientale, questo mercato vale oltre 30 miliardi l’anno.
Quindi, purtroppo, oramai non è solo il Dark Web a mettere in pericolo le transazioni e le relazioni economiche e sociali, ma è questo ecosistema ibrido, in cui esso si mescola con canali forniti da social cifrati, apparentemente legali.
I rischi, riassumendo, sono per tutti i segmenti della società: individuali, per le imprese e per lo Stato. Furto di identità e frodi, ricatti sessuali, intrusioni e violazioni della sfera intima e privata, accesso facilitato all’uso di sostanze stupefacenti, o a medicinali pericolosi. Come, ad esempio, il caso recente della vendita senza prescrizione di medicinali per l’obesità e per la disfunzione erettile non certificati e testati, a cui spesso ricorrono i giovani o le persone fragili.
Per le imprese il pericolo di vedersi sottratte le credenziali di accesso riservato ai sistemi interni informatici, o essere oggetti di estorsioni. I rischi per le democrazie e per la sicurezza dello Stato rappresentato dal terrorismo e dal cybercrime, oltre al fatto che uno spazio oscuro e anonimo, favorisce senza dubbio un ambiente permissivo per la corruzione, riducendo le potenzialità sia di percezione del crimine, sia delle capacità di contrasto.
La società e le istituzioni devono, ripeto, aumentare la prevenzione e la repressione del fenomeno criminale, colmando il ritardo finora accumulato e migliorando le attività che evidentemente stanno iniziando a funzionare, anche se, purtroppo lentamente.
Alcuni strumenti già utilizzati andrebbero quindi migliorati. Oscurare una piattaforma, ad esempio, non elimina il problema, comunque provoca costi maggiori per i criminali, costringendoli a migrazioni molto affrettate che possono pertanto, creare falle nella loro architettura informatica.
Sono indotto a pensare, quindi, che azioni di contrasto del genere, possono anche generare all’interno delle organizzazioni criminali caos e conflitti interni, oltre alla perdita di reputazione nel loro ambiente criminale, indebolendole.
Su questo punto andrebbero impiegate molte più risorse per far in modo di aumentare il numero di piattaforme messe fuori uso.
Anche sotto il profilo delle Criptovalute qualcosa sta funzionando. Un recente rapporto mostra, ad esempio, che la tracciabilità delle blockchain su cui “girano” le criptovalute, può permettere di quantificare i flussi e identificare, anche se non è semplice, i broker e cluster criminali.
Bisogna inoltre rafforzare la cooperazione internazionale, combattere localmente un nemico globale non serve a nulla, quindi credo sia necessario che, quantomeno a livello europeo, le attività di contrasto passino sotto un unico controllo e coordinamento investigativo, come quello di Europol e, spero, un unico sistema giudiziario, sia inquirente che requirente, comune per tutti gli Stati membri, penso ad Eurojust.
Andrebbe inoltre regolamentata con più attenzione e di conseguenza controllata, l’attività delle transazioni bancarie e azionarie, che talvolta si svolgono in marketplace come Hydra, da cui transitano molte attività di riciclaggio.
V’è però un oggettivo handicap che dovrebbe essere colmato e riguarda le giurisdizioni. Solitamente le piattaforme dark si basano o migrano in spazi di giurisdizione che favoriscono i mercati underground e che non garantiscono una sufficiente cooperazione giudiziaria.
Un tema difficile, da affrontare politicamente, impedendo anche l’accesso a tali piattaforme non basate in paesi che danno garanzie di cooperazione.
Diventa una questione molto complessa dai risvolti geopolitici che possono rendere difficile una soluzione. Questo problema vale anche per le reti di scambio di materiale pedopornografico.
Infine, evidenzio una connessione tra l’elevato indice di corruzione di alcuni paesi, che consente, pertanto, un’alta impunità e quindi la presenza massiccia di piattaforme Dark, le quali possono anche contare sulla complicità delle autorità.
In pratica, sono gli stessi luoghi ove le mafie trovano l’humus necessario per svolgere i propri commerci illeciti e occultarne i profitti.
In ultima analisi, ho cercato di evidenziare alcuni aspetti di un complesso problema partendo dagli scenari, per passare ai rischi e affrontare possibili ipotesi di miglioramento del contrasto.
Qualcuno sostiene che è colpa della globalizzazione, nulla di più inesatto. La globalizzazione non è una causa ma un effetto sociologico inevitabile dei processi culturali.
Demonizzare la globalizzazione sarebbe un errore strategico, mentre adottare tattiche utili a fare emergere e sviluppare gli effetti positivi e a mitigarne quelli negativi, sarebbe saggio.
Sul perché invece non ci impegniamo abbastanza, da studioso dell’essere umano come “animale politico” (Aristotele), posso solo evidenziare che sicuramente le “tenebre” fanno comodo a molti, soprattutto a chi trascorre la sua vita ad accumulare capitali e tramite questa forza economica, riesce ad influenzare le decisioni politiche.
Studio condotto tra maggio e dicembre del 2025

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